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Le origini dello Shintoismo sono antichissime e si collocano all’inizio della colonizzazione delle isole giapponesi, quando diverse tribù vi portarono le proprie credenze e il culto di svariate divinità o spiriti: I Kami, abitatori del mondo celeste ma presenti anche nei fenomeni naturali terrestri, in grado di esercitare il loro potere sulle forze della natura e della vita umana
Quando fra il VI e l’VIII secolo si fa incombente il pericolo costituito dalla crescita culturale e politica della vicina Cina, forse per far fronte al bisogno di consolidamento dello spirito giapponese, prende forma il mito della discendenza divina dell’imperatore. Secondo la leggenda, la dea del sole, Amaterasu Omikami offre al proprio nipote, Ninigi no Mikoto la spada simbolo della legittimità e dell’autorità imperiale, che per via ereditaria passerà a Jinmu Tenno, primo imperatore del Giappone.
Gli influssi di religioni straniere influiranno per molti secoli, durante i quali lo Shintoismo assimilerà concetti a lui estranei, come quello della creazione, del premio e della punizione dopo la morte, riportandolo alle credenze originarie quando salirà al trono, nel 1868 il nuovo imperatore Meiji, che confermando la sua discendenza divina dichiarerà lo Shintoismo religione di Stato.
Nel 1890 sarà emanato l’Editto dell’Istruzione, che rappresenterà la base ideologica dello Stato fino al 1945, nel quale si afferma che la lealtà per l’Imperatore è un valore assoluto per ogni giapponese.
L’origine divina dell’imperatore instilla il senso di superiorità nel popolo che si manifesterà sempre più, nella tendenza all’espansione militare dell’Impero: lo Shintoismo con la sua etica di lealtà diventerà uno degli ingredienti dello spirito nazionalista che troverà il suo apice nella Seconda Guerra Mondiale.
Il corpus principale della mitologia nipponica è contenuto in due antichi testi, il Kojiki (Memorie degli avvenimenti antichi) e il Nihon shoki (Cronache del Giappone). Sono stati compilati rispettivamente nel 712 e nel 720 d,C., spesso indicati con il termine Kigi. La stirpe imperiale aveva bisogno di documenti che confermassero la discendenza dell’imperatore dalla dea Amaterasu e ne sostenessero il potere politico. I Kigi avevano inoltre lo scopo di permettere l’introduzione di temi taoisti, confuciani e buddisti nella mitologia religiosa giapponese, per dimostrare, forse, che la cultura del Giappone non era inferiore a quello della Cina. Prima della stesura dei libri la tradizione era trasmessa per via sia orale sia scritta, ma in modo non uniforme, bensì frammentario.
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