La storia della radio
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La storia della radio
Il 6 ottobre 1924, da una sala di piazza Corradi di Roma, presero l’avvio le trasmissioni dell’Unione Radiofonica Italiana.
Alle ore 21 precise fu mandato in onda il quartetto Opera 7 di Haydn, seguito da un bollettino meteorologico, notizie di borsa e un discorso sulle radioaudizioni. Un’ora e mezza di programma, che sanciva la nascita ufficiale della radio nel nostro paese.
Erano i primissimi passi della radio.
Alla fine del 1926 gli abbonati erano quasi 27.000 e le stazioni emittenti quelle di Roma, Milano e Napoli, cui si sono aggiunte poi Genova, Torino e Bolzano.
Per i radioamatori erano anni “eroici”, alle prese con sibili, disturbi, interferenze. Prima dell’invenzione delle antenne interne, si ricorreva a lunghi fili gettati a liana da un palazzo all’altro, sopra i tetti.
Alla fine del 1927 l’Uri si trasformò in Eiar (Ente Italiano Audizioni radiofoniche), l’anno dopo venne trasmessa la prima partita di calcio.
Nel 1930, gli ascoltatori ebbero a disposizione un periodico per consultare i palinsesti, il “Radiocorriere”, e anche il mondo del commercio iniziò a interessarsi con lungimiranza al fenomeno radiofonico con le prime pubblicità.
La canzonetta fu la carta vincente per lungo tempo, finché con lo scoppio della guerra si conobbe un altro uso del mezzo radiofonico, che serviva soprattutto per tenersi informati sull’effettiva realtà del momento. Di nascosto si ascoltava “ Radio Londra”.
Il passaggio dall’Eiar alla Rai avvenne nel dopoguerra, passaggio che segna anche la creazione di tre distinte reti: il programma nazionale, il secondo programma e il terzo, a carattere culturale.
L’epopea della radio sembrò definitivamente tramontare nel 1952, quando sorse l’astro della televisione. In effetti, non fu così, con l’introduzione delle autoradio conquista una diversa fascia di pubblico, considerando anche il fenomeno delle cosiddette radio libere, iniziato nel 1975. Questo mezzo, dopo aver dato vita a nuove abitudini, non può ancora essere considerato “vecchio”.
Alle ore 21 precise fu mandato in onda il quartetto Opera 7 di Haydn, seguito da un bollettino meteorologico, notizie di borsa e un discorso sulle radioaudizioni. Un’ora e mezza di programma, che sanciva la nascita ufficiale della radio nel nostro paese.
Erano i primissimi passi della radio.
Alla fine del 1926 gli abbonati erano quasi 27.000 e le stazioni emittenti quelle di Roma, Milano e Napoli, cui si sono aggiunte poi Genova, Torino e Bolzano.
Per i radioamatori erano anni “eroici”, alle prese con sibili, disturbi, interferenze. Prima dell’invenzione delle antenne interne, si ricorreva a lunghi fili gettati a liana da un palazzo all’altro, sopra i tetti.
Alla fine del 1927 l’Uri si trasformò in Eiar (Ente Italiano Audizioni radiofoniche), l’anno dopo venne trasmessa la prima partita di calcio.
Nel 1930, gli ascoltatori ebbero a disposizione un periodico per consultare i palinsesti, il “Radiocorriere”, e anche il mondo del commercio iniziò a interessarsi con lungimiranza al fenomeno radiofonico con le prime pubblicità.
La canzonetta fu la carta vincente per lungo tempo, finché con lo scoppio della guerra si conobbe un altro uso del mezzo radiofonico, che serviva soprattutto per tenersi informati sull’effettiva realtà del momento. Di nascosto si ascoltava “ Radio Londra”.
Il passaggio dall’Eiar alla Rai avvenne nel dopoguerra, passaggio che segna anche la creazione di tre distinte reti: il programma nazionale, il secondo programma e il terzo, a carattere culturale.
L’epopea della radio sembrò definitivamente tramontare nel 1952, quando sorse l’astro della televisione. In effetti, non fu così, con l’introduzione delle autoradio conquista una diversa fascia di pubblico, considerando anche il fenomeno delle cosiddette radio libere, iniziato nel 1975. Questo mezzo, dopo aver dato vita a nuove abitudini, non può ancora essere considerato “vecchio”.
annali- Senior
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