CIRCOLI MEGALITICI A GOBEKLI TEPE
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Re: CIRCOLI MEGALITICI A GOBEKLI TEPE
EDEN
Eden, il termine che indica il paradiso terrestre nei testi biblici è un’antica parola di una misteriosa lingua scomparsa, quella che parlavano gli antichi sumeri.
Per gli studiosi di preistoria l’idea del paradiso terrestre ha radici che si addentrano nei tempi remoti di 12000 anni fa, quando la fine dell’era glaciale aveva trasformato le pianure e le colline circostanti il bacino del Mediterraneo in un ambiente temperato e più umido, sempre più favorevole alle condizioni di vita delle antiche bande di cacciatori.
L’abbondanza di risorse naturali permise per millenni ai nostri antenati di alimentarsi senza eccessive fatiche.
La genesi racconta come Adamo ed Eva abbandonarono l’Eden cacciati dalla spada dell’angelo, dopo aver assaggiato il pomo del sapere ma oggi sappiamo che i nostri probabili progenitori ci hanno lasciato, oltre il senso di colpa, in tangibile eredità, un incredibile patrimonio di monumentali costruzioni e sculture colossali, che rivoluzionano la nostra comprensione della preistoria.
Per gli studiosi di preistoria l’idea del paradiso terrestre ha radici che si addentrano nei tempi remoti di 12000 anni fa, quando la fine dell’era glaciale aveva trasformato le pianure e le colline circostanti il bacino del Mediterraneo in un ambiente temperato e più umido, sempre più favorevole alle condizioni di vita delle antiche bande di cacciatori.
L’abbondanza di risorse naturali permise per millenni ai nostri antenati di alimentarsi senza eccessive fatiche.
La genesi racconta come Adamo ed Eva abbandonarono l’Eden cacciati dalla spada dell’angelo, dopo aver assaggiato il pomo del sapere ma oggi sappiamo che i nostri probabili progenitori ci hanno lasciato, oltre il senso di colpa, in tangibile eredità, un incredibile patrimonio di monumentali costruzioni e sculture colossali, che rivoluzionano la nostra comprensione della preistoria.
annali- Senior
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CIRCOLI MEGALITICI A GOBEKLI TEPE
l’Anatolia è il luogo-dimora dei Vigilanti biblici, coloro che passarono le arti agli uomini. Insieme all’antichissimo Gobekli Tepe, in Turchia stanno emergendo sempre più consistenti prove della validità di tale tesi.
La storia è piena di vuoti, popoli primitivi che esplodono in civiltà tecnologiche, scimmie che diventano uomini, terre che appaiono e mari che scompaiono.
L’homo sapiens è l’ultima tappa di un cammino evolutivo, durato più di 5 milioni di anni.
Da quando ha fatto la sua comparsa in Africa, 200mila anni fa, ha iniziato a colonizzare la Terra, passando per il Medio Oriente, le coste dell’Oceano Indiano, le steppe del Caucaso, fino a raggiungere l’Asia da un lato e l’Europa dall’altro.
Ogni migrazione ci viene raccontata da ritrovamento di fossili, manufatti, utensili, ricostruzioni, documenti, attraverso i quali possiamo comprendere come siamo arrivati a essere ciò che siamo oggi: uno straordinario miscuglio di gruppi etnici e culture diverse.
Gobekli Tepe è una collina a forma di pancia (questa potrebbe essere la traduzione del nome), si trova nella regione sudorientale dell’Anatolia, vicina alla città di Urfa.
Non è molto alta, una quindicina di metri appena, ma per i reperti che nascondeva dentro di sé, almeno finché non sono arrivati gli archeologi dell’Università di Heidelberg a portarli in superficie, potrebbe aspirare a essere considerata il sito di più grande fama mondiale.
Verso la fine del Paleolitico, quando mancavano ancora seimila anni alla costruzione delle Piramidi egiziane, a Gobekli Tepe una comunità di cacciatori–raccoglitori eressero un complesso monumentale caratterizzato da grandi pilastri di pietra scolpiti.
Sono a forma di “T” alti dai 3 ai 7 metri, larghi 1,5 circa e del peso che raggiunge anche le 5 tonnellate e ritraggono immagini di animali. Altri pilastri sono eretti a sembianze antropomorfe, simili a veri spiriti di pietra.
Sono inseriti in un muro che delimita uno spazio circolare recante al centro, altri due pilastri che sembrano confrontarsi. In questo modo creano l’effetto di coreografia sacra, suggerendo che si sia alla presenza di un santuario, il più antico sino a oggi.
A detta dell’autore della sua scoperta, l’archeologo preistorico dell’Istituto Archeologico Germanico, era con certezza un tempio, d’importanza senza confronti.
Prima della scoperta, chi mai avrebbe attribuito a quelle genti del X o IX millennio a.C. le capacità tecniche e organizzative tali da erigere un’opera simile?
Ricordando che la stessa Stonehenge fu costruita sei o sette millenni più tardi?
Le indagini di Gobekli Tepe erano iniziate nel 1995, seguendo gli appunti di un archeologo americano che aveva segnalato negli anni sessanta la presenza probabile di un giacimento neolitico.
Dalla sua forma il team archeologico comprese che non poteva trattarsi di un’elevazione naturale, ma di una collinetta artificiale, anche perché si notarono che il terreno luccicava per la presenza di selci, residui d’intensa attività lavorativa, tipica dell’età neolitica, che ricopriva tutta la superficie.
Dagli scavi sono emerse quattro strutture circolari, formate da muri, in fango essiccato e frammenti di pietra, alti fino a tre metri. Questi circoli raggiungono il diametro tra i venti e trenta metri e sono databili alla più antica fase del sito. Nei muri sono inserite le grandi stele monolitiche decorate, di cui a tutt’oggi, ne sono state individuate 44.
Gli esseri rappresentati sui pilastri monolitici sono resi con tratti naturalistici e sono cinghiali, volpi, leoni, tori, gazzelle, avvoltoi, serpenti, ragni scorpioni e molti altri.
Nessuna figura di esseri fantastici vi appare, ossia leoni alati o tori con teste umane, per esempio, che appariranno millenni più tardi nell’iconografia della grandi civiltà del vicino Oriente Antico.
Sono invece presenti esseri umani con teste di animali, che potrebbero raffigurare sciamani nell’atto di trasformarsi in animali per rituali iniziatici.
La storia è piena di vuoti, popoli primitivi che esplodono in civiltà tecnologiche, scimmie che diventano uomini, terre che appaiono e mari che scompaiono.
L’homo sapiens è l’ultima tappa di un cammino evolutivo, durato più di 5 milioni di anni.
Da quando ha fatto la sua comparsa in Africa, 200mila anni fa, ha iniziato a colonizzare la Terra, passando per il Medio Oriente, le coste dell’Oceano Indiano, le steppe del Caucaso, fino a raggiungere l’Asia da un lato e l’Europa dall’altro.
Ogni migrazione ci viene raccontata da ritrovamento di fossili, manufatti, utensili, ricostruzioni, documenti, attraverso i quali possiamo comprendere come siamo arrivati a essere ciò che siamo oggi: uno straordinario miscuglio di gruppi etnici e culture diverse.
Gobekli Tepe è una collina a forma di pancia (questa potrebbe essere la traduzione del nome), si trova nella regione sudorientale dell’Anatolia, vicina alla città di Urfa.
Non è molto alta, una quindicina di metri appena, ma per i reperti che nascondeva dentro di sé, almeno finché non sono arrivati gli archeologi dell’Università di Heidelberg a portarli in superficie, potrebbe aspirare a essere considerata il sito di più grande fama mondiale.
Verso la fine del Paleolitico, quando mancavano ancora seimila anni alla costruzione delle Piramidi egiziane, a Gobekli Tepe una comunità di cacciatori–raccoglitori eressero un complesso monumentale caratterizzato da grandi pilastri di pietra scolpiti.
Sono a forma di “T” alti dai 3 ai 7 metri, larghi 1,5 circa e del peso che raggiunge anche le 5 tonnellate e ritraggono immagini di animali. Altri pilastri sono eretti a sembianze antropomorfe, simili a veri spiriti di pietra.
Sono inseriti in un muro che delimita uno spazio circolare recante al centro, altri due pilastri che sembrano confrontarsi. In questo modo creano l’effetto di coreografia sacra, suggerendo che si sia alla presenza di un santuario, il più antico sino a oggi.
A detta dell’autore della sua scoperta, l’archeologo preistorico dell’Istituto Archeologico Germanico, era con certezza un tempio, d’importanza senza confronti.
Prima della scoperta, chi mai avrebbe attribuito a quelle genti del X o IX millennio a.C. le capacità tecniche e organizzative tali da erigere un’opera simile?
Ricordando che la stessa Stonehenge fu costruita sei o sette millenni più tardi?
Le indagini di Gobekli Tepe erano iniziate nel 1995, seguendo gli appunti di un archeologo americano che aveva segnalato negli anni sessanta la presenza probabile di un giacimento neolitico.
Dalla sua forma il team archeologico comprese che non poteva trattarsi di un’elevazione naturale, ma di una collinetta artificiale, anche perché si notarono che il terreno luccicava per la presenza di selci, residui d’intensa attività lavorativa, tipica dell’età neolitica, che ricopriva tutta la superficie.
Dagli scavi sono emerse quattro strutture circolari, formate da muri, in fango essiccato e frammenti di pietra, alti fino a tre metri. Questi circoli raggiungono il diametro tra i venti e trenta metri e sono databili alla più antica fase del sito. Nei muri sono inserite le grandi stele monolitiche decorate, di cui a tutt’oggi, ne sono state individuate 44.
Gli esseri rappresentati sui pilastri monolitici sono resi con tratti naturalistici e sono cinghiali, volpi, leoni, tori, gazzelle, avvoltoi, serpenti, ragni scorpioni e molti altri.
Nessuna figura di esseri fantastici vi appare, ossia leoni alati o tori con teste umane, per esempio, che appariranno millenni più tardi nell’iconografia della grandi civiltà del vicino Oriente Antico.
Sono invece presenti esseri umani con teste di animali, che potrebbero raffigurare sciamani nell’atto di trasformarsi in animali per rituali iniziatici.
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