Pablo Neruda
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Re: Pablo Neruda
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Sussurra le tue parole e affidale al vento.
Tara- Senior
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Re: Pablo Neruda
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Tara- Senior
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Re: Pablo Neruda
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Re: Pablo Neruda
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Tara- Senior
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Re: Pablo Neruda
Se tu mi guardi con i tuoi occhi
dai quali mi viene incontro la tenerezza
e se io guardandoti con i miei occhi
ti faccio spazio dentro di me,
in questo incrocio di sguardi
che riassume milioni di attimi e di parole,
in questo scambio silenzioso
che per entrambi è guardare e lasciarsi guardare,
in questo penetrare l’uno nell’altro
nel tempo con benevolenza,
iprocità di questo amore
e forse la gratuità.
Pablo Neruda
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Sussurra le tue parole e affidale al vento.
Tara- Senior
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Re: Pablo Neruda
FAREWELL” DI PABLO NERUDA
Dal fondo di te, e inginocchiato,
un bimbo triste, come te, ci guarda.
Per quella vita che arderà nelle sue vene
dovrebbero legarsi le nostre vite.
Per quelle mani, figlie delle tue mani,
dovrebbero uccidere le mie mani.
Per i suoi occhi, aperti sulla terra
vedrò un giorno le lacrime nei tuoi.
Io non voglio, Amata.
Perché nulla ci leghi,
che nulla ci unisca.
Né la parola che profumò la tua bocca
né ciò che le parole non dissero…
Né la festa d’amore che non avemmo
né i tuoi singhiozzi vicino alla finestra
(Amo l’amore dei marinai
che baciano e se ne vanno.
Lasciano una promessa.
Mai più ritornano.
In ogni porto una donna attende:
i marinai baciano e se vanno.
Una notte si coricano con la morte
nel letto del mare.)
Amo l’amore che si suddivide
in baci, letto e pane.
Amore che può essere eterno
e può essere fugace.
Amore che vuol liberarsi
per tornare ad amare.
Amore divinizzato che si avvicina.
Amore divinizzato che se ne va.
Più non si incanteranno i miei occhi nei tuoi,
più non si addolcirà vicino a te il mio dolore.
Ma dovunque andrò porterò il tuo sguardo
e dove andrai porterai il mio dolore.
Fui tuo, fosti mia. Cos’altro? Insieme facemmo
un angolo di strada dove l’amore passò.
Fui tuo, fosti mia. Tu sarai di colui che t’amerà,
di colui che taglierà nel tuo orto ciò che io ho seminato.
Me ne vado. Son triste: ma sempre sono triste.
Vengo dalle tue braccia. Non so dove vado.
Dal tuo cuore mi dice addio un bimbo.
Ed io gli dico addio.
– PABLO NERUDA
Dal fondo di te, e inginocchiato,
un bimbo triste, come te, ci guarda.
Per quella vita che arderà nelle sue vene
dovrebbero legarsi le nostre vite.
Per quelle mani, figlie delle tue mani,
dovrebbero uccidere le mie mani.
Per i suoi occhi, aperti sulla terra
vedrò un giorno le lacrime nei tuoi.
Io non voglio, Amata.
Perché nulla ci leghi,
che nulla ci unisca.
Né la parola che profumò la tua bocca
né ciò che le parole non dissero…
Né la festa d’amore che non avemmo
né i tuoi singhiozzi vicino alla finestra
(Amo l’amore dei marinai
che baciano e se ne vanno.
Lasciano una promessa.
Mai più ritornano.
In ogni porto una donna attende:
i marinai baciano e se vanno.
Una notte si coricano con la morte
nel letto del mare.)
Amo l’amore che si suddivide
in baci, letto e pane.
Amore che può essere eterno
e può essere fugace.
Amore che vuol liberarsi
per tornare ad amare.
Amore divinizzato che si avvicina.
Amore divinizzato che se ne va.
Più non si incanteranno i miei occhi nei tuoi,
più non si addolcirà vicino a te il mio dolore.
Ma dovunque andrò porterò il tuo sguardo
e dove andrai porterai il mio dolore.
Fui tuo, fosti mia. Cos’altro? Insieme facemmo
un angolo di strada dove l’amore passò.
Fui tuo, fosti mia. Tu sarai di colui che t’amerà,
di colui che taglierà nel tuo orto ciò che io ho seminato.
Me ne vado. Son triste: ma sempre sono triste.
Vengo dalle tue braccia. Non so dove vado.
Dal tuo cuore mi dice addio un bimbo.
Ed io gli dico addio.
– PABLO NERUDA
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Tara- Senior
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Re: Pablo Neruda
Restare in silenzio (Pablo Neruda)
Ora conteremo fino a dodici
e tutti resteremo fermi.
Una volta tanto sulla faccia della terra,
non parliamo in nessuna lingua;
fermiamoci un istante,
e non gesticoliamo tanto.
Che strano momento sarebbe
senza trambusto, senza motori;
tutti ci troveremmo assieme
in un improvvisa stravaganza.
Nel mare freddo il pescatore
non attenterebbe alle balene
e l'uomo che raccoglie il sale
non guarderebbe le sue mani offese.
Coloro che preparano nuove guerre,
guerre coi gas, guerre col fuoco,
vittorie senza sopravvissuti,
indosserebbero vesti pulite
per camminare coi loro fratelli
nell'ombra, senza far nulla.
Ciò che desidero non va confuso
con una totale inattività.
È della vita che si tratta;....
Se non fossimo così votati
a tenere la nostra vita in moto
e per una volta tanto non facessimo nulla,
forse un immenso silenzio interromperebbe la tristezza
di non riuscire mai a capirci
e di minacciarci con la morte.
Forse la terra ci può insegnare,
come quando tutto d'inverno sembra morto
e dopo si dimostra vivo.
Ora conterò fino a dodici
e voi starete zitti e io andrò via.
Tara- Senior
- Messaggi : 15736
Data d'iscrizione : 10.07.13
Perché scrivo...
In questa poesia Pablo Neruda (Ricardo Eliezer Neftalí Reyes Basoalto) dichiara le sue ambizioni di scrittore: scrivere non per riempire grossi volumi che nessuno leggerà o per essere letto da pochi amanti della poesia "pura" e delle raffinatezze culturali, ma per tutti quelli che hanno bisogno della poesia come degli elementi vitali: il pane, l'acqua e il vino per il diritto di sopravvivere, la musica, la fantasia, per la fame di conoscenza. Sa che il suo popolo prigioniero dell'ignoranza non è ancora in grado di leggere e di intendere il linguaggio della poesia, ma attende quel momento e solo per quello, teso non alla fama dei salotti culturali, ma a essere guardato da ogni lavoratore come un uguale.
Tuttavia, leggendo i suoi versi, mi domando se abbia scelto il linguaggio più adatto per farsi capire da tutti...Non scrivo perché altri libri mi imprigionino
né per accaniti apprendisti di gilio,
ma per semplici abitanti che chiedono
acqua e luna, elementi nell'ordine immutabile.
Scrivo per il popolo anche se non potrà
leggere la mia poesia con i suoi occhi rurali.
Verrà un momento in cui una linea, l'aria
che sconvolse la mia vita, giungerà alle sue orecchie,
allora il contadino alzerà gli occhi,
il minatore sorriderà spaccando pietre,
il frenatore si pulirà la fronte,
il pescatore vedrà meglio il luccichio di un pesce
che palpitando gli brucerà le mani,
il meccanico appena pulito, profumato di sapone
guarderà i miei poemi e insieme forse diranno:
"Fu uno dei nostri, un amico e uguale...
Questo è sufficiente, questa. è la corona che voglio.
Pablo Neruda
annali- Senior
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Re: Pablo Neruda
x...
L'ognuno di cui parla il Pablo , spero non sia un'assoluto , anche perché sarebbe ancora più problematico (penso ) se ci fosse bisogno di una terza persona che racconti o peggio ancora reinterpreti i sogni o le favole proprie ...
Può funzionare tra un adulto ed un bambino/a , ma ben difficilmente funzionerà tra adulti -
L'ognuno di cui parla il Pablo , spero non sia un'assoluto , anche perché sarebbe ancora più problematico (penso ) se ci fosse bisogno di una terza persona che racconti o peggio ancora reinterpreti i sogni o le favole proprie ...
Può funzionare tra un adulto ed un bambino/a , ma ben difficilmente funzionerà tra adulti -
Charade- Senior
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Data d'iscrizione : 31.07.13
Età : 44
Località : Modena/Milano
Pablo Neruda. ❤
[size=30]Con casto cuore, con occhi
puri,
ti celebro, bellezza,
trattenendo il sangue
perché sorga e segua
la linea, il tuo contorno,
perché
tu entri nella mia ode
come in terra di boschi o in schiuma:
in aroma terrestre
o in musica marina.
Bella nuda,
uguali i tuoi piedi arcuati
per un antico colpo
di vento e del suono
che tu origliasti,
chiocciole minime
dello splendido mare americano.
Uguali sono i tuoi petti
di parallela pienezza, ripieni
delle luce della vita,
uguali
volano
le tue palpebre di frumento
che scoprono
e nascondono
due paesi profondi nei tuoi occhi.
La linea che la tua schiena
ha diviso
in pallide regioni
si perde e sorge
in due limpide metà
di mela
e continua
separando
la tua bellezza
in due colonne
di oro bruciato, di alabastro fino,
a perdersi nei tuoi piedi come in due uve,
da dove nuovamente arde e si eleva
l'albero doppio della tua simmetria,
fuoco florido, candelabro aperto,
turgida frutta alzata
sopra il patto del mare e della terra.
Il tuo corpo, in quale materia,
agata, quarzo, frumento,
si plasmò, crebbe
come del pane si alza
la temperatura,
e segnalò colline
argentate,
valli di un solo petalo, dolcezze
di profondo velluto,
fino a rimanere cagliata
la fine e ferma forma femminile?
Non soltanto è luce che cade
sopra il mondo
quella che allunga sul tuo corpo
la sua neve soffocata,
finché si stacca
da te la chiarezza come se fosse
incendiata da dentro.
Sotto la tua pelle vive la luna.[/size]
puri,
ti celebro, bellezza,
trattenendo il sangue
perché sorga e segua
la linea, il tuo contorno,
perché
tu entri nella mia ode
come in terra di boschi o in schiuma:
in aroma terrestre
o in musica marina.
Bella nuda,
uguali i tuoi piedi arcuati
per un antico colpo
di vento e del suono
che tu origliasti,
chiocciole minime
dello splendido mare americano.
Uguali sono i tuoi petti
di parallela pienezza, ripieni
delle luce della vita,
uguali
volano
le tue palpebre di frumento
che scoprono
e nascondono
due paesi profondi nei tuoi occhi.
La linea che la tua schiena
ha diviso
in pallide regioni
si perde e sorge
in due limpide metà
di mela
e continua
separando
la tua bellezza
in due colonne
di oro bruciato, di alabastro fino,
a perdersi nei tuoi piedi come in due uve,
da dove nuovamente arde e si eleva
l'albero doppio della tua simmetria,
fuoco florido, candelabro aperto,
turgida frutta alzata
sopra il patto del mare e della terra.
Il tuo corpo, in quale materia,
agata, quarzo, frumento,
si plasmò, crebbe
come del pane si alza
la temperatura,
e segnalò colline
argentate,
valli di un solo petalo, dolcezze
di profondo velluto,
fino a rimanere cagliata
la fine e ferma forma femminile?
Non soltanto è luce che cade
sopra il mondo
quella che allunga sul tuo corpo
la sua neve soffocata,
finché si stacca
da te la chiarezza come se fosse
incendiata da dentro.
Sotto la tua pelle vive la luna.[/size]
Tara- Senior
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Data d'iscrizione : 10.07.13
☆☆☆Pablo Neruda ❤
Accadde in quell'età...
La poesia venne a cercarmi.
Non so da dove sia uscita,
da inverno o fiume.
Non so come né quando,
no, non erano voci,
non erano parole né silenzio,
ma da una strada mi chiamava,
dai rami della notte,
bruscamente fra gli altri,
fra violente fiamme
o ritornando solo,
era lì senza volto
e mi toccava.
Non sapevo che dire,
la mia bocca non sapeva nominare,
i miei occhi erano ciechi,
e qualcosa batteva nel mio cuore,
febbre o ali perdute,
e mi feci da solo,
decifrando quella bruciatura,
e scrissi la prima riga incerta,
vaga, senza corpo,
pura sciocchezza,
pura saggezza
di chi non sa nulla,
e vidi all'improvviso il cielo
sgranato e aperto,
pianeti, piantagioni palpitanti,
ombra ferita, crivellata
da frecce, fuoco e fiori,
la notte travolgente, l'universo.
Ed io, minimo essere,
ebbro del grande vuoto
costellato,
a somiglianza, a immagine del mistero,
mi sentii parte pura dell'abisso,
ruotai con le stelle,
il mio cuore si sparpagliò nel vento.
La poesia venne a cercarmi.
Non so da dove sia uscita,
da inverno o fiume.
Non so come né quando,
no, non erano voci,
non erano parole né silenzio,
ma da una strada mi chiamava,
dai rami della notte,
bruscamente fra gli altri,
fra violente fiamme
o ritornando solo,
era lì senza volto
e mi toccava.
Non sapevo che dire,
la mia bocca non sapeva nominare,
i miei occhi erano ciechi,
e qualcosa batteva nel mio cuore,
febbre o ali perdute,
e mi feci da solo,
decifrando quella bruciatura,
e scrissi la prima riga incerta,
vaga, senza corpo,
pura sciocchezza,
pura saggezza
di chi non sa nulla,
e vidi all'improvviso il cielo
sgranato e aperto,
pianeti, piantagioni palpitanti,
ombra ferita, crivellata
da frecce, fuoco e fiori,
la notte travolgente, l'universo.
Ed io, minimo essere,
ebbro del grande vuoto
costellato,
a somiglianza, a immagine del mistero,
mi sentii parte pura dell'abisso,
ruotai con le stelle,
il mio cuore si sparpagliò nel vento.
Tara- Senior
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Data d'iscrizione : 10.07.13
Re: Pablo Neruda
Ode al mare
il mare
e quanto mare
esce da sé stesso
in ogni momento,
dice di sì, di no,
di no, di no, di no,
dice di sì nell’azzurro,
nella spuma, nel galoppo,
dice di no, di no.
Non può stare tranquillo,
mi chiamo mare, ripete
battendo su una pietra
senza ottenere di convincerla,
allora
con sette lingue verdi
di sette cani verdi,
di sette tigri verdi,
di sette mari verdi,
la percorre, la bacia,
la inumidisce
e si colpisce il petto
ripetendo il suo nome.
Oh mare, come ti chiami,
oh compagno oceano,
non perdere tempo e acqua,
non scuoterti tanto,
aiutaci,
siamo i piccoli
pescatori,
gli uomini della riva,
abbiamo freddo e fame,
sei il nostro nemico,
non colpire così forte,
non gridare a questo modo,
apri la tua cassa verde
e offri a tutti noi
tra le mani
il tuo regalo d’argento:
il pesce di ogni giorno.
Qui in ogni casa
lo amiamo
e benché fatto d’argento,
di cristallo o di luna,
nacque per le povere
cucine della terra.
Non custodirlo,
avaro,
mentre scivola freddo come
lampo bagnato
sotto le sue onde.
Vieni ora,
apriti
e lascialo
vicino alle nostre mani,
aiutaci, oceano,
padre verde e profondo,
a dar termine un giorno
alla povertà terrestre.
Lasciaci
raccogliere i frutti dell’infinita
piantagione delle tue vite,
i tuoi frumenti e le tue uve,
i tuoi buoi, i tuoi metalli,
lo splendore bagnato
e il frutto sommerso.
Padre mare, sappiamo già
come ti chiami, tutti
i gabbiani diffondono
il tuo nome sulle spiagge:
ora, comportati bene,
non scuotere i tuoi crini,
non minacciare nessuno,
non rompere contro il cielo
la tua bella dentatura,
tralascia per un momento
le gloriose storie,
da’ ad ogni uomo,
ad ogni
donna e ad ogni bambino,
un pesce grande o piccolo
ogni giorno.
Va’ per tutte le strade
del mondo
per distribuire pesci
ed allora
grida,
grida
perché ti odano tutti
i poveri che lavorano
e dicano,
affacciandosi all’imboccatura
della miniera:
“Ecco che viene il vecchio mare
a distribuire pesci”.
Poi torneranno giù,
nelle tenebre
sorridendo, e per le strade
e per i boschi
sorrideranno gli uomini
e la terra
con sorriso marino.
Ma
se così non vuoi,
se non ne hai voglia,
aspetta,
aspettaci,
dovremo provvedere,
per prima cosa
regoleremo i problemi
dell’umanità,
dapprima i più grandi,
quindi tutti gli altri,
ed allora
entreremo in te,
taglieremo le onde
con un coltello di fuoco,
su di un cavallo elettrico
salteremo la spuma,
cantando
ci immergeremo
fino a toccare il fondo
delle tue viscere,
un filo atomico
terrà a bada i tuoi fianchi,
pianteremo
nel tuo giardino profondo
alberi
di cemento e acciaio,
ti legheremo
mani e piedi,
sopra la tua pelle gli uomini
passeggeranno sputando,
togliendoti grappoli,
costruendo armature,
montando sulla tua groppa per domarti
e per dominarti l’anima.
Ma questo accadrà quando
noi uomini
avremo regolato
il nostro problema,
il grande,
il gran problema.
Tutto regoleremo
poco a poco:
Ti obbligheremo, mare,
ti obbligheremo, terra,
a far miracoli,
perché in noi stessi,
nella lotta,
sta il pesce, sta il pane,
sta il miracolo.
Pablo Neruda _
Tara- Senior
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Re: Pablo Neruda
[justify][size=33]
"Ode all'estate
abbondante,
carro
di mele
mature,
bocca
di fragola
in mezzo al verde,
labbra
di susina selvatica,
strade
di morbida polvere
sopra
la polvere,
mezzogiorno,
tamburo
di rame rosso,
e a sera
riposa
il fuoco,
la brezza
fa ballare
il trifoglio, entra
nell'officina deserta;
sale
una stella
fresca
verso il cielo
cupo,
crepita
senza bruciare
la notte
dell'estate.
Pablo Neruda.
"Ode all'estate
abbondante,
carro
di mele
mature,
bocca
di fragola
in mezzo al verde,
labbra
di susina selvatica,
strade
di morbida polvere
sopra
la polvere,
mezzogiorno,
tamburo
di rame rosso,
e a sera
riposa
il fuoco,
la brezza
fa ballare
il trifoglio, entra
nell'officina deserta;
sale
una stella
fresca
verso il cielo
cupo,
crepita
senza bruciare
la notte
dell'estate.
Pablo Neruda.
Ultima modifica di Tara il Sab 21 Mag 2022, 22:22 - modificato 1 volta.
Tara- Senior
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Re: Pablo Neruda
Ode All'autunno
*Pablo Neruda*
Modesto è l'autunno, come i taglialegna.
Costa molto togliere tutte le foglie
da tutti gli alberi di tutti i paesi.
La primavera le cucì in volo
e ora bisogna lasciarle cadere
come se fossero uccelli gialli:
Non è facile.
Serve tempo.
Bisogna correre per le strade,
parlare lingue,
svedese, portoghese,
parlare la lingua rossa,
quella verde.
Bisogna sapere
tacere in tutte le lingue
e dappertutto, sempre,
lasciare cadere,
cadere,
lasciare cadere,
cadere le foglie.
Difficile è essere autunno,
facile essere primavera.
Accendere tutto quel che è nato
per essere acceso.
Spegnere il mondo, invece,
facendolo scivolare via
come se fosse un cerchio di cose gialle,
fino a fondere odori, luce, radici,
e a far salire il vino all'uva,
coniare con pazienza l'irregolare moneta
della cima dell'albero
e spargerla dopo
per disinteressate strade l'autunno
*Pablo Neruda*
Modesto è l'autunno, come i taglialegna.
Costa molto togliere tutte le foglie
da tutti gli alberi di tutti i paesi.
La primavera le cucì in volo
e ora bisogna lasciarle cadere
come se fossero uccelli gialli:
Non è facile.
Serve tempo.
Bisogna correre per le strade,
parlare lingue,
svedese, portoghese,
parlare la lingua rossa,
quella verde.
Bisogna sapere
tacere in tutte le lingue
e dappertutto, sempre,
lasciare cadere,
cadere,
lasciare cadere,
cadere le foglie.
Difficile è essere autunno,
facile essere primavera.
Accendere tutto quel che è nato
per essere acceso.
Spegnere il mondo, invece,
facendolo scivolare via
come se fosse un cerchio di cose gialle,
fino a fondere odori, luce, radici,
e a far salire il vino all'uva,
coniare con pazienza l'irregolare moneta
della cima dell'albero
e spargerla dopo
per disinteressate strade l'autunno
Tara- Senior
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Re: Pablo Neruda
Ode al gatto.
Gli animali furono imperfetti
lunghi di coda
plumbei di testa
piano piano si misero in ordine
divennero paesaggio
acquistarono nèi grazia volo
il gatto
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso
nacque completamente rifinito
cammina solo
e sa quello che vuole.
L'uomo
vuole essere pesce e uccello
il serpente vorrebbe avere ali
il cane è un leone spaesato
l'ingegnere vuol essere poeta
la mosca studia per rondine
il poeta
cerca di imitare la mosca
ma il gatto
vuol solo essere gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda
dal fiuto al topo vivo
dalla notte
fino ai suoi occhi d'oro.
Non c'è unità come la sua
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione
è una sola cosa
come il sole o il topazio
e l'elastica linea de suo corpo
salda e sottile
è come la linea della prua
di una nave
i suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola fessura
per gettarvi
le monete della notte.
Oh piccolo
imperatore senz'orbe
conquistatore senza patria
minima tigre di salotto
nuziale sultano del cielo
Pablo Neruda-
Miao...miaoo..miaoooo
Gli animali furono imperfetti
lunghi di coda
plumbei di testa
piano piano si misero in ordine
divennero paesaggio
acquistarono nèi grazia volo
il gatto
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso
nacque completamente rifinito
cammina solo
e sa quello che vuole.
L'uomo
vuole essere pesce e uccello
il serpente vorrebbe avere ali
il cane è un leone spaesato
l'ingegnere vuol essere poeta
la mosca studia per rondine
il poeta
cerca di imitare la mosca
ma il gatto
vuol solo essere gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda
dal fiuto al topo vivo
dalla notte
fino ai suoi occhi d'oro.
Non c'è unità come la sua
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione
è una sola cosa
come il sole o il topazio
e l'elastica linea de suo corpo
salda e sottile
è come la linea della prua
di una nave
i suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola fessura
per gettarvi
le monete della notte.
Oh piccolo
imperatore senz'orbe
conquistatore senza patria
minima tigre di salotto
nuziale sultano del cielo
Pablo Neruda-
Miao...miaoo..miaoooo
Tara- Senior
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Re: Pablo Neruda
A somiglianza tua,
a tua immagine,
arancia,
si fece il mondo:
rotondo il sole, circondato
per spaccarsi di fuoco:
la notte costellò con zagare
la sua rotta e la sua nave.
Così fu e così fummo,
oh terra,
scoprendoti,
pianeta arancione.
Siamo i raggi di una sola ruota
divisi
come lingotti d’oro
e raggiungiamo con treni e con fiumi
l’insolita unità dell’arancia.
Patria
mia,
gialla
chioma,
spada dell’autunno,
quando
alla tua luce
ritorno,
alla deserta
zona
del salnitro lunare,
alle difficoltà
strazianti
del metallo andino,
quando
penetro
il tuo contorno, le tue acque,
lodo
le tue donne,
guardo come i boschi
equilibrano
uccelli e foglie sacre,
il frumento si accumula nei granai
e le navi navigano
per oscuri estuari,
comprendo che sei,
pianeta,
un’arancia,
un frutto del fuoco.
Sulla tua pelle si riuniscono
i paesi
uniti
come settori di un solo frutto,
e Cile, al tuo fianco,
elettrico,
incendiato
sopra
il fogliame azzurro
del Pacifico
è un largo recinto di aranci.
Arancione sia
la luce
di ciascun
giorno,
e il cuore dell’uomo,
i suoi grappoli,
acido e dolce siano:
sorgente di freschezza
che abbia e che preservi
la misteriosa
semplicità
della terra
e la pura unità
di un’arancia.
a tua immagine,
arancia,
si fece il mondo:
rotondo il sole, circondato
per spaccarsi di fuoco:
la notte costellò con zagare
la sua rotta e la sua nave.
Così fu e così fummo,
oh terra,
scoprendoti,
pianeta arancione.
Siamo i raggi di una sola ruota
divisi
come lingotti d’oro
e raggiungiamo con treni e con fiumi
l’insolita unità dell’arancia.
Patria
mia,
gialla
chioma,
spada dell’autunno,
quando
alla tua luce
ritorno,
alla deserta
zona
del salnitro lunare,
alle difficoltà
strazianti
del metallo andino,
quando
penetro
il tuo contorno, le tue acque,
lodo
le tue donne,
guardo come i boschi
equilibrano
uccelli e foglie sacre,
il frumento si accumula nei granai
e le navi navigano
per oscuri estuari,
comprendo che sei,
pianeta,
un’arancia,
un frutto del fuoco.
Sulla tua pelle si riuniscono
i paesi
uniti
come settori di un solo frutto,
e Cile, al tuo fianco,
elettrico,
incendiato
sopra
il fogliame azzurro
del Pacifico
è un largo recinto di aranci.
Arancione sia
la luce
di ciascun
giorno,
e il cuore dell’uomo,
i suoi grappoli,
acido e dolce siano:
sorgente di freschezza
che abbia e che preservi
la misteriosa
semplicità
della terra
e la pura unità
di un’arancia.
Tara- Senior
- Messaggi : 15736
Data d'iscrizione : 10.07.13
Re: Pablo Neruda
Bella scelta Teti per il commovente Pablo e ti appioppo un verde e a lui (Pablo) grande ammirazione
Azzurra- Senior
- Messaggi : 4998
Data d'iscrizione : 01.07.13
Re: Pablo Neruda
CHIEDO SILENZIO
Pablo Neruda
Ora, lasciatemi tranquillo.
Ora, abituatevi senza di me.
Io chiuderò gli occhi
E voglio solo cinque cose,
cinque radici preferite.
Una è l’amore senza fine.
La seconda è vedere l’autunno.
Non posso vivere senza che le foglie
volino e tornino alla terra.
La terza è il grave inverno,
la pioggia che ho amato, la carezza
del fuoco nel freddo silvestre.
La quarta cosa è l’estate
rotonda come un’anguria.
La quinta cosa sono i tuoi occhi.
Matilde mia, beneamata,
non voglio dormire senza i tuoi occhi,
non voglio esistere senza che tu mi guardi:
io muto la primavera
perché tu continui a guardarmi.
Amici, questo è ciò che voglio.
E’ quasi nulla e quasi tutto.
Ora se volete andatevene.
Ho vissuto tanto che un giorno
dovrete per forza dimenticarmi,
cancellandomi dalla lavagna:
il mio cuore è stato interminabile.
Ma perché chiedo silenzio
non crediate che io muoia:
mi accade tutto il contrario:
accade che sto per vivere.
Accade che sono e che continuo.
Non sarà dunque che dentro
di me cresceran cereali,
prima i garni che rompono
la terra per vedere la luce,
ma la madre terra è oscura:
e dentro di me sono oscuro:
sono come un pozzo nelle cui acque
la notte lascia le sue stelle
e sola prosegue per i campi.
E’ che son vissuto tanto
e che altrettanto voglio vivere.
Mai mi son sentito sé sonoro,
mai ho avuto tanti baci.
Ora, come sempre, è presto.
La luce vola con le sue api.
Lasciatemi solo con il giorno.
Chiedo il permesso di nascere.
Pablo Neruda
Ora, lasciatemi tranquillo.
Ora, abituatevi senza di me.
Io chiuderò gli occhi
E voglio solo cinque cose,
cinque radici preferite.
Una è l’amore senza fine.
La seconda è vedere l’autunno.
Non posso vivere senza che le foglie
volino e tornino alla terra.
La terza è il grave inverno,
la pioggia che ho amato, la carezza
del fuoco nel freddo silvestre.
La quarta cosa è l’estate
rotonda come un’anguria.
La quinta cosa sono i tuoi occhi.
Matilde mia, beneamata,
non voglio dormire senza i tuoi occhi,
non voglio esistere senza che tu mi guardi:
io muto la primavera
perché tu continui a guardarmi.
Amici, questo è ciò che voglio.
E’ quasi nulla e quasi tutto.
Ora se volete andatevene.
Ho vissuto tanto che un giorno
dovrete per forza dimenticarmi,
cancellandomi dalla lavagna:
il mio cuore è stato interminabile.
Ma perché chiedo silenzio
non crediate che io muoia:
mi accade tutto il contrario:
accade che sto per vivere.
Accade che sono e che continuo.
Non sarà dunque che dentro
di me cresceran cereali,
prima i garni che rompono
la terra per vedere la luce,
ma la madre terra è oscura:
e dentro di me sono oscuro:
sono come un pozzo nelle cui acque
la notte lascia le sue stelle
e sola prosegue per i campi.
E’ che son vissuto tanto
e che altrettanto voglio vivere.
Mai mi son sentito sé sonoro,
mai ho avuto tanti baci.
Ora, come sempre, è presto.
La luce vola con le sue api.
Lasciatemi solo con il giorno.
Chiedo il permesso di nascere.
Teti- Graduate
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