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LA CAMERA DEGLI SPOSI- ANDREA MANTEGNA

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Messaggio  Azzurra

Annali, é una meraviglia!!
Ho anche sempre con me una piccola foto del L'Oculo, la parte superiore azzurra (ricordo di una breve vacanza dopo un periodo "pesante"..)

Azzurra
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In Italia, durante l’età umanistico-rinascimentale, le corti si circondarono di artisti e letterati. Non solo le grandi città facevano a gara nello splendere di opere nuove, pure le signorie minori le seguivano. Così gli Este, i Gonzaga, i Montefeltro si produssero in una corsa al bello i cui risultati fanno ora la gioia dei cultori dell’arte.
A Mantova, presso i Gonzaga, si può ammirare  un’opera di rara bellezza: “ la camera degli sposi” di Andrea Mantegna, nel Castello di San Giorgio.
È senz’altro la stanza dipinta più rinomata di tutto il quattrocento e deve il suo nome al fatto che il marchese Lodovico Gonzaga e sua moglie Barbara di Brandeburgo sono rappresentati seduti assieme sulla parete del camino.
All’epoca si chiamava semplicemente “ camera depicta” (dipinta) e così ne riferisce il rivale milanese dei Gonzaga, Galeazzo Maria Sforza, quando con molta invidia, la descrisse come la stanza più bella del mondo.
Nelle dimore principesche rinascimentali la camera del signore era sempre attigua a una camera di rappresentanza e a una cappella. La prima era necessaria per le numerose relazioni pubbliche che il principe doveva assolvere, mentre la camera propriamente detta, era semipubblica, con un grande letto provvisto di baldacchino e ampi tendaggi.
Era usata dal signore per dormire ma anche per conversare con parenti e cortigiani intimi. Solo gli ospiti più importanti vi entravano. Per questo era decorata in maniera più sontuosa che informale, mentre gli arredi erano semplici, la sontuosità della stanza si manifestava con arazzi e vivaci tappezzerie.
A Mantova, queste tappezzerie Mantegna le creò con la sua pittura, costruendo in modo illusorio la decorazione della camera. Sulla parete del camino dipinse una tenda scostata, in modo da far scorgere la loggia dove sedevano Lodovico e la sua consorte.
I tendaggi e i pilastri delle pareti sono finti, forse in omaggio alla Grecia classica e a un famoso episodio, quello della tenda dipinta dal pittore Parrasio che ingannò a tal punto il collega Zeusi da spingerlo a chiedere di spostarla per mostrargli cosa aveva creato.
Dai capitelli posti alla sommità dei finti pilastri partono grandi costoloni che dividono la volta della stanza, intorno al punto centrale, in otto riquadri romboidali e formano alla sua base grandi lunette. Ognuna di esse contiene un’insegna della famiglia, particolarmente legata alla Germania imperiale. Entro dei medaglioni sono invece raffigurati i busti degli otto imperatori romani, a simboleggiare la fedeltà dei Gonzaga al Sacro Romano Impero.
Le vele della volta presentano una lavorazione a finto mosaico d’oro, in omaggio agli antichi: sei di queste scene rappresentano storie mitologiche che alludono alla potenza della musica, arte di cui Lodovico e l’intera dinastia Gonzaga erano innamoratissimi.
Al centro della volta c’è infine l’oculo, primo tentativo di applicazione della prospettiva rinascimentale a una superficie curva.
Mantegna diede l’illusione che il soffitto si aprisse su uno splendido giardino, di cui si vede solo una balaustra circolare con sopra un cielo pieno di nuvole azzurrine. Un festone vegetale circonda l’oculo come una ghirlanda e da esso sbucano alcune figure che guardano in basso. Due dame  di corte sembrano spiare e minacciano di far precipitare un mastello su chi sta sotto, un’altra si pettina e c’è persino un tocco di esotismo, con una fantesca di colore e un pavone appollaiato vicino, con un amorino che lo minaccia con un bastoncino, mentre un altro afferra una mela da un albero  e un terzo, splendido, incorona se stesso.    
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