Mille e non più mille...
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Mille e non più mille...
visioni della fine del Mondo (apocalisse del beato di liebana 786)
Undici secoli fa, poco prima dell’anno mille dell’era cristiana, l’umanità si paralizzò credendo vicino il giorno dl Giudizio.
La notte di San Silvestro dovette rappresentare qualcosa di terrorizzante, con “le turbe silenziose raccolte attorno ai manieri, o accasciate e singhiozzanti nelle chiese tenebrose, sparse con pallidi volti e sommessi mormorii per le piazze e alla campagna” (Giosuè Carducci).
Il giorno dopo, fu quasi un miracolo: il Sole si levò al canto del gallo!
Il periodo che seguì vide le genti tornare alacremente al lavoro, disboscarono terre paludose, le bonificarono e trasformarono in campi da coltivare.
Nel frattempo in tutta Europa si moltiplicarono le chiese.
Che dire? Sì, certamente fu una prospettiva da far tremare le vene e i polsi, ma se invece non vi fosse stata una profezia biblica di questo genere? Mai pronunciata e mai scritta?
Un docente di Storia Medievale all’Università di Bologna, la spiega così: “ Che la gente si aspettasse la fine del mondo al termine del primo millennio è un mito costruito a posteriori, tra il 500 e l’epoca romantica. Mille e non più mille è un falso, non si tratta di una profezia di Gesù, come fu dato di credere.”
I più nemmeno sapevano di vivere nell’anno mille: le annate si contavano in base agli anni dei governi dei sovrani.
Oggi, molti storici, anzi, quasi tutti, la pensano più o meno così. I primi a contestare la ricostruzione tradizionale dell’anno Mille furono alcuni studiosi del 900, soprattutto George Duby (1919-1996), docente del prestigioso Collège de France e membro dell’Accadémie française..
In realtà, a detta degli studiosi, fra gli autori antichi che tramandarono notizie sul periodo, nessuno parla di terrore millenaristico. Per quanto si sa, ad annunciare il Giudizio imminente furono solo due predicatori, uno in Toscana e l’altro a Parigi.
Tra chi sostenne l’autenticità del possibile nesso tra certi fatti e una profezia biblica fu Rodolfo il Glabro, un cronista di quei tempi, monaco transalpino, che, colpito dall’eruzione del Vesuvio, (993) nelle sue storie evoca “il fuoco dal cielo”.
In effetti, in quegli anni oltre le pendici del Vesuvio bruciò la chiesa di Mont Saint Michel in Normandia, poi il tetto della prima basilica di san Pietro. Così la narra Il Glabro:
“ Allora, non trovando altro mezzo per arginare l’incombente disastro, una folla di fedeli si precipitò in massa, con grida di disperazione, verso il sepolcro stesso del principe degli Apostoli, scongiurandolo a lungo nel timore che, se non avesse difeso la sua chiesa, molti in tutto il mondo avrebbero abbandonato la fede”.
A sconfessare il mito del Mille e non più Mille, basta ricordare che nel X secolo il mondo cristiano non aveva un unico calendario: a Roma il capodanno era a gennaio, ma a Pisa, in Inghilterra e in Irlanda lo festeggiavano il 25 marzo, mentre l’Impero Bizantino e parte del meridione in Italia lo posticipavano a settembre. Come poteva avverarsi in tale quadro la notte tanto temuta?
Infine: nel X secolo la maggioranza della popolazione era analfabeta. Quanti potevano aver letto l’Apocalisse se non eruditi uomini di chiesa? Come potevano temere una profezia biblica che non conoscevano?
Come fu, come non fu, dagli umanisti rinascimentali, per dimostrare quanto fosse oscuro il Medioevo, agli illuministi del Settecento per esaltare il primato della ragione sui “secoli bui”, col tempo il mito dell’Anno Mille e non più Mille, divenne un “miraggio storico in grado di imporsi facilmente in un universo mentale tutto disposto ad accoglierlo”.
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