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L'ANTICO RITUALE DEI BATTENTI

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Si svolge a Guardia Sanframondi, un’ antica roccaforte che già nel nome descrive la sua storia. Si trova in provincia di Benevento, abbarbicata sulla collina che sovrasta la Valle Telesina. Il suo stemma, un trampoliere- grifone che stringe una pietra nella zampa, secondo la leggenda, svolgeva la  funzione di guardia alle tre torri del castello e dell’intera comunità, senza addormentarsi mai. In caso di pericolo avrebbe lasciato cadere la pietra mettendo in allarme le sentinelle e l’intero piccolo feudo.
Formalmente era terra di Bisanzio, ma le sue contrade furono messe a ferro e fuoco da Longobardi, Saraceni e Normanni. Nella sua storia, il paese passò agli Svevi, agli Angioini e ad Alfonso d’Aragona.
Il centro storico conserva ancora scorci di gusto medioevale, con il castello che si eleva in alto e le strade strette fatte di gradini in pietra bianca.
Quel castello inespugnabile, per la sua posizione strategica, costrinse i molti nemici ad andarsene sconfitti. La sua storia s’intrinseca con fatti di aggressione, di paura e di sangue non solo causate dagli uomini, ma anche dalla natura e dagli animali.
Dapprima furono le formiche a invadere le sue contrade, poi, ripetute invasioni di cavallette, di cui una, nel 1878 che sconvolse le campagne vicine abbattendosi come una nube giallastra e ronzante, sul raccolto dei campi vicini.  Furono poi le grandinate brucianti, i temporali furiosi, la siccità, e infine i numerosi terremoti che afflissero gli abitanti di Guardia Sanframondi come una biblica persecuzione.
Anche la peste aveva richiesto il proprio contributo di vite alla comunità. La gravissima epidemia avvenne all’inizio del Cinquecento, e colpì in modo tanto terribile da riempire le fosse comuni delle chiese.
Da secoli, in soccorso degli abitanti del piccolo feudo, quando era  minacciata da vicino la loro vita, o quella dei campi  nei casi di siccità o di maltempo, interveniva la Madonna dell’Assunta. Nel suo nome, davanti alla statua portata in processione, la domenica dopo il 15 agosto, ogni sette anni, sfilano in lunghissimo corteo, migliaia di persone. Uomini incappucciati, i Flagellanti e i Battenti, aprono la processione.
Secondo il mito, o la leggenda, il culto della Madonna e del rito a lei dedicato, si deve ai buoi legati all’aratro di un contadino, che un giorno durante l’aratura nel campo si rifiutarono di proseguire il lavoro e si inginocchiarono. Nel punto indicato dagli animali, l’uomo udì un suono di campane e spaventato, corse in paese a chiamare gente. Dalla terra scavata emerse la statua della Madonna con il bambino in braccio, ma non riuscirono a spostarla dal quel luogo. I Guardiesi si convinsero fosse necessaria una penitenza per ottenere grazia dalla Vergine e iniziarono a battersi a sangue, imitando l’usanza dei flagellanti medievali.
Non appena il sangue cominciò a scorrere, la statua divenne leggerissima e fu possibile portarla in paese. Da quel giorno, ogni sette anni, nella settimana a lei dedicata l’intero paese è mobilitato per renderle omaggio, oppure, in caso di pericolo o di siccità, la processione è svolta dai soli Battenti .
Le processioni sono formate dai Misteri, quadri viventi che narrano passi biblici, vite dei santi, dei dogmi della fede.
Il sabato, nel santuario, ha luogo l’apertura della lastra, ossia la nicchia, dove è conservata la statua della madonna che sarà portata in processione.
È un cerimoniale complesso che richiede l’uso di tre chiavi in possesso del sindaco, del parroco, e del decano dei comitati rionali, introdotte in tre diverse toppe. La domenica si svolge la Processione Generale, con i quattro rioni, i Misteri, i cori, i Flagellanti e i Battenti, protagonisti della giornata e del rito.
La mattina della domenica i Battenti e i Flagellanti, radunati in chiesa, nella piccola cappella del Sangue sparso, indossano le tuniche e i cappucci bianchi, divengono l’organo culturale con il quale la comunità espia le proprie colpe, i peccati, veri o  presunti,  o originari. Gli strumenti di penitenza sono due: i Flagellanti utilizzano un flagello con placche di metallo, mentre i Battenti un oggetto di forma cilindrica con 33 spilli, chiamato spugna.
Attraversano le stradine colpendosi e battendosi, con il sangue che fluisce caldo dalle ferite, in un’aria torrida, carica di odori forti. Il sudore si mischia al vino utilizzato per disinfettare le ferite, il sangue macchia i camici e le stradine, un sofferente corteo si snoda fino a ricongiungersi al centro del paese davanti alla chiesa di San Sebastiano.
Qui i Battenti cadono in ginocchio, si percuotono il petto con maggior forza. È il momento centrale del rito: la statua della Madonna è lì per loro, per accogliere i colpi, il sangue, e i voti.
Una volta levate le tuniche macchiate, al riparo da occhi indiscreti, ripuliti, lavati,  e cambiati gli abiti, hanno il diritto di portare la Madonna in spalla. L’Assunta è ritornata ai figli e discendenti di chi l’aveva trovata sporca di terra, nella terra, e lavata con il sangue. Come da secoli, continuano e continueranno a fare.  
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