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Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita.

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Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Empty La Gioconda (Leonardo da Vinci )

Messaggio  Tara

Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Giocon10

E’ incontestabile, d'altronde, che i ritratti più potenti che il pittore abbia mai realizzato fossero di donne. Prima tra tutte, Cecilia Gallerani, la celeberrima “Dama con l’ermellino”, amante adolescente di Ludovico Sforza; secondo i critici d’arte che lavorano senza sosta sull'artista, “con il muso lungo e il corpo serpentino, l’animale domestico appare inequivocabilmente fallico, e il controllo che la giovane ha su di esso, suggerisce la dominanza dell’amante su Ludovico”. E cosa dire dello sguardo, se non che, con una visione leggermente obliqua, trasmette all'osservatore una profondità di fascino esercitato dalla ragazza, quasi come se lo Sforza non fosse il solo ad esserne attratto.

Arrivando ora al nocciolo della questione, quale immagine è giunta sino a noi del grande Leonardo da Vinci? Era forse un omosessuale o un amatore delle donne? Da giovane fu accusato due volte di sodomia, come ci confermano fonti attendibili, e continuò a vivere apertamente con un gruppo di giovani, guidati dal Salai, il suo bell'apprendista ladruncolo, al quale lasciò molte opere. Un’altra certezza è che amasse dipingere le donne, ma quell'attrazione particolare ha forse più a che fare con il modo in cui ha scelto di raffigurarle, il modo in cui ha dimostrato come siano a tutto tondo degli esseri umani?

Prima di lui gli artisti del Rinascimento avevano scolpito e dipinto ritratti profondamente caratteristici di uomini, rimanendo d’altra parte intrappolati nella superficialità della bellezza esteriore, quando si era trattato di raffigurare il sesso opposto.

Leonardo da Vinci risulta il primo a conferire personalità, carattere, ed individualità alle sue donne. Per lui non sono simboli di bellezza, ma persone.

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Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Empty Michelangelo Buonarroti

Messaggio  Tara

Il genio e la poetessa. Fu amore quello tra Michelangelo- e Vittoria Colonna?
Forse ,chissà!!Oltretutto all'epoca si vociferava che Michelangelo fosse homosexual .Sicuramente ha amato ed è stato amato...poco importa la sua sessualità...anche se all'epoca era un bel guaio essere bisex ..oppure omosessuale.

Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Scherm11

Ritratto di Vittoria Colonna come Artemisia

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Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Empty Caravaggio, pseudonimo di Michelangelo Merisi.

Messaggio  Tara

Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. 72801-10
Fare la conta di tutti gli amori di Caravaggio è un'impresa ardua..difficile.Questo oltre ad avere un caratterino fumoso era pure un dongiovanni...oltretutto frequentava posti poco signorili ed era avvezzo a cercare le sue modelle per la strada o nelle osterie fatiscenti.
Furono ben quattro le donne che l’artista frequentò a Roma, tutte legate al mondo della prostituzione e tutte utilizzate dal pittore come modelle per molte delle sue opere romane. La prima ad essere ritratta dal Merisi fu Anna Bianchini, detta “Anna la rossa”, la più sfortunata delle amiche del Caravaggio, che compare in due celebri opere dell’artista, la Maddalena Penitente e il Riposo durante la fuga in Egitto, realizzate dal Caravaggio nel 1597, appena due anni dopo il suo arrivo in città. La Bianchini, avviata alla prostituzione insieme all’amica Fillade Melandroni, appare poi, con quest’ultima, nel dipinto, del 1598, raffigurante Marta e Maria Maddalena e, ancora, nella Morte della Vergine, del 1604, in cui è risaputo che Caravaggio rappresentò il cadavere di una prostituta trovata morta nel Tevere.

Fillade Melandroni fu a sua volta dipinta dal pittore in più occasioni. È lei la donna del ritratto del 1597 ed è sempre Fillade che compare nella Santa Caterina di Alessandria del 1598 e nella Giuditta del Giuditta e Oloferne del 1599. La Melandroni è inoltre una figura importante nella biografia del Caravaggio. Ad essa si legano infatti due personaggi chiave della vita dell’artista: il marchese Vincenzo Giustiniani, protettore del pittore lombardo, e Ranuccio Tomassoni, il giovane ucciso dal Merisi nella rissa del 1606, sul campo della pallacorda.

Non ancora identificate, invece, le opere che ritraggono la terza donna del Caravaggio, Domenica Salvi, detta “Menicuccia”, alla cui finestra il pittore “lanciava pietre”. La più importante delle quattro resta, comunque, Maddalena Antognetti, detta semplicemente “Lena”, che in alcuni documenti viene descritta perfino come la “donna di Michelangelo”. L’Antognetti può essere considerata il grande amore del Caravaggio. Il suo volto ritorna nelle opere degli ultimi anni romani dell’artista. Guardandola, il pittore dipinse la Maddalena in estasi, la Madonna dei Pellegrini e la Madonna dei palafrenieri. In questi due ultimi capolavori è presumibile che il figlio di Lena posasse per la figura di Gesù Bambino che, in entrambi i casi, mostra una età inconsueta per questo genere di rappresentazioni.

Colpisce infine trovare tra i modelli preferiti dal Caravaggio anche gli amici Mario Minniti e Franceso Boneri, i cui ambigui ritratti appaiono in molti dipinti del pittore lombardo. Alcuni studiosi sono convinti che almeno uno dei due fosse addirittura l’amante del Caravaggio, ma è molto probabilmente solo un modo per conferire al Merisi un’omosessualità che mai stona nell’immagine romanzata dell’artista sregolato. È pur vero, comunque, che l’omoerotismo era all’epoca abbastanza diffuso, specie in certi ambienti aristocratici frequentati dall’artista nei suoi esordi romani.

Ciononostante la vita di Caravaggio si intreccia soprattutto con quella delle passeggiatrici romane tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento. Un rapporto che risulta evidente già ai suoi contemporanei che, nei suoi dipinti, videro sempre “ritratti di qualche sua bagascia” (Giulio Mancini). Quella del Caravaggio fu, insomma, una vita complicata, divisa tra palazzi aristocratici e osterie, tra discorsi intellettuali e risse di strada. Nonostante l’enorme talento e l’erudizione, il pittore preferì passare i suoi giorni per le strade, tra la gente, cercando in amori proibiti e fugaci il brivido di nuove e trasgressive avventure.



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Messaggio  Tara

SALVADOR DALÌ e GALA (Elena Dmitrievna D'jakonova). Salvador Dalì (1904-1989) e Gala (1894-1982) si incontrarono per la prima volta nel 1929. Lui era un artista stravagante, un po' sopra le righe, e lei fu per lui molto più dell'amore della vita: ebbe infatti molta influenza nella vita e nell'opera del pittore, ispiratrice del suo Surrealismo. Era la sua sosia, il suo doppio, la sua gemella... e attraverso di lei, lui seppe affermare la sua esistenza. Dalì, nominato marchese dal Re Juan Carlos I, le regalò un castello che lui stesso aveva decorato, a Pubol, presso Girona (Spagna). Nei suoi ultimi anni Gala fu affetta da demenza senile, malattia che si tradusse in grandi scontri con Dalì: morì nel giugno del 1982 e, dopo un trattamento di imbalsamazione, venne sepolta nel castello, dove ancora oggi riposa. E il castello divenne il rifugio e la prigione di Dalì, quando venne poi colto da una terribile depressione.
Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Muse-g11
Ritratto di Gala, Salvador Dalì (1933)

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Messaggio  Tara

AMEDEO MODIGLIANI e JEANNE HÉBUTERNE. La vicenda di Amedeo Modigliani (1884-1920) e di Jeanne Hébuterne si consumò a Parigi nell'atmosfera della Belle Époque. Per la donna fu un amore sofferto, paradiso e inferno allo stesso tempo. Quando la famiglia di lei venne a sapere che la figlia si era legata a un personaggio dalla reputazione così torbida, venne ripudiata: Modì (come veniva chiamato Modigliani) era infatti l'artista maledetto del momento, bohémien(anticonformista), provocatorio, squattrinato e dipendente dall'alcol. Lei, donna audace, disinibita e ribelle, accettò di rinunciare ai suoi pennelli e di dire addio alla sua carriera di pittrice per diventare la sua musa a tempo pieno. Attraverso le sue tele Modigliani le donò tutta quella bellezza che non era riuscito a concederle nella vita reale. Nei numerosi dipinti in cui viene ritratta Jeanne, l'artista decise di dare un aspetto diverso alla sua amata: la donna appare come una figura lontana, senza tempo e senza luogo, gli occhi sono malinconici, ovali e il volto è allungato, ma la figura di Jeanne rimane riconoscibile.

Una curiosità che riguarda alcuni di questi quadri è visibile osservando gli occhi della donna: in alcune tele le pupille di Jeanne sono state dipinte, in altre no. Questa particolarità è dovuta al fatto che l'artista aveva deciso di iniziare a dipingere anche gli occhi della sua amata solo quando ne avesse conosciuto anche l'anima. Ma non visse abbastanza a lungo: morì a 35 anni, di tubercolosi. Jeanne, che non lo abbandonò neanche per un istante, fu colta dalla disperazione. Il giorno dopo la morte dell'amato, in preda al delirio, si gettò dal balcone di casa trascinando nella morte anche il figlio che portava in grembo.
Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Muse-j10

Jeanne Hébuterne, Modigliani (1915)

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GUSTAV KLIMT e ADELE BLOCH-BAUER. Furono numerose le donne che costellarono la vita privata di Klimt (1862-1918), uno dei più significativi artisti della secessione viennese, ma solo una riuscì a catturarlo profondamente: Adele Bloch-Bauer, figlia di un agiato imprenditore e moglie di Ferdinand Bloch, ricco industriale dello zucchero. Klimt aveva avuto modo di conoscerla durante i ricevimenti che la famiglia Bloch-Bauer dava regolarmente, ma l'idea di ritrarla fu del marito Ferdinand che, nel 1903, commissionò a Klimt un quadro a figura intera avente per soggetto Adele. Fu da quel momento che l'artista sviluppò una passione per lei, che divenne la sua grande musa ispiratrice. I suoi lineamenti li ritroviamo infatti nella celebre Giuditta I, ma anche nella donna del più famoso Bacio. Adele si spense di meningite nel 1925, a soli 43 anni, quando oramai il suo volto era lacerato dalla malattia.
Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Muse-a10
Adele Bloch-Bauer, Gustav Klimt (1907

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AUGUSTE RODIN e CAMILLE CLAUDEL. Auguste Rodin (1848-1917) aveva quarantacinque anni ed era considerato un "gigante buono". Camille, invece, era appena ventenne ed era la fanciulla dai riccioli ribelli. La loro fu una storia d'amore durata dieci anni che lasciò un segno indelebile nelle opere di entrambi. Camille preparava l'argilla, il gesso, l'armatura e modellava le mani ed i piedi dei soggetti scultorei di Rodin. Ma con il passare del tempo Camille cadde spesso preda della paranoia: nell'ultimo periodo pensava che Rodin le volesse sabotare la carriera, rubare le idee e che, addirittura, stesse architettando di ucciderla. Era talmente annientata dal dolore che arrivò anche a distruggere alcuni suoi capolavori. Alla fine fu lei a rompere la relazione. Nel 1913, dopo che morì il padre, l'unico che, nonostante i tempi, l'avesse appoggiata nella sua carriera d'artista, la madre e il fratello decisero, con la forza, di rinchiuderla in un manicomio, con l'accusa di schizofrenia. Ma i medici non le diagnosticarono nessun disagio psichico. Sopravvisse internata nel manicomio di Montfavet (Avignone, Francia) fino al 1943, anno in cui si spense, dimenticata da tutti.
Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Muse-g10
Galatea, Auguste Rodin (1887): un marmo che raffigurerebbe Camille Claudel, ispirato al suo lavoro. 


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Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Muse-s10
Di molte non si conosce nulla, di altre qualche particolare di vita, di altre ancora il nome, o quel soprannome con cui la loro esistenza si è intrecciata con il cuore di qualche artista. Sono state donne reali o frutto dell'immaginazione, ma tutte muse ispiratrici immortalate tra righe poetiche, pagine di letteratura e opere d'arte. Senza di loro, forse, alcune opere che ammiriamo non sarebbero nate, oppure non sarebbero state le stesse, perché gli artisti non avrebbero potuto esprimere la loro arte. Eccone alcune tra le più famose nella storia dell'arte.

SANDRO BOTTICELLI e SIMONETTA VESPUCCI. Botticelli (1445-1510), celeberrimo artista del Rinascimento, fu legato a Simonetta Vespucci (1453-1476), nobildonna italiana, "degna di bellezza e della purezza di un angelo". La si trova in celebri capolavori dell'artista: potrebbe essere lei la Venere della Nascita di Venere (1485), ma è suo il volto di Flora nella Primavera (1482), e della Dea dell'Amore in Venere e Marte (1483). Morì giovanissima, a soli 23 anni, di tubercolosi. Botticelli, tra le sue ultime volontà, chiese di essere sepolto nella chiesa fiorentina di Ognissanti per riposare per sempre vicino alle spoglie della sua amata: le cronache più recenti, però, raccontano che i resti di lei furono trascinati via dalle acque durante l'alluvione che nel 1966 colpì Firenze

RAFFAELLO SANZIO e MARGHERITA LUTI. La storia vuole Raffaello (1483-1520), tra i più grandi artisti del Rinascimento italiano, legato a una donna misteriosa, spesso dipinta nelle sue opere più importanti. Lui, principe delle arti, che amava la bellezza in ogni sua forma ed i piaceri della vita, venne catturato dall'amore per Margherita Luti, meglio conosciuta come la Fornarina. La giovane era così chiamata per essere, forse, figlia di un fornaio di Trastevere. Ma nulla esclude, vista la moda del tempo, che fosse in realtà una cortigiana. I dipinti dedicati alla celebre donna mostrano certamente il lato più intimo di Raffaello, la sfera dei suoi sentimenti, il canto dell'amore. Celebre è un ritratto della fanciulla, un olio su tavola, chiamato proprio La Fornarina, conservato oggi presso Palazzo Barberini, a Roma, databile al 1520. Un dettaglio bellissimo e significativo del quadro è il bracciale sul braccio sinistro della donna, sul quale si legge la firma dell'autore, Raphael Urbinas, sicuramente il suo pegno d'amore nei confronti della Fornarina. Di lei si racconta che amasse Raffaello al punto che, alla sua morte, lacerata dal dolore, si rinchiuse nel convento di Sant'Apollonia.
Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita. Muse-l10
La Fornarina, Raffaello Sanzio (1520

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