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Dal mio diario di eternauta...

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Dicembre 2013...in questa data l'ultimo foglio scritto del mio diario di eternauta... Chissà perché non averlo portato a compimento, eppure lo avevo iniziato pensando addirittura al Premio Nobel...( Razz ) E ora??? Lo riprenderò sicuramente, dopo averlo ri-letto dalla prima pagina mi domando come abbia potuto lasciare incompiuta questa favolosa opera d'arte.... Shocked  
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Mi rifiuto? Nemmeno presa in considerazione. I suoi modi si fanno spicci, sembra avere molta fretta. Non ho altra alternativa che rimettermi alle sue disposizioni, qualunque siano.“ Stia tranquilla, non ha nulla da temere, ma piuttosto molto da imparare. Collabori e sarà ben ricompensata”. Ricompensata? In caso contrario? Nonostante il tono pacato avverto una sottile forma di minaccia, tuttavia non mi lascio intimorire. Resto concentrata mentre mi fa strada all’interno del mostro meccanico.
Lui si sistema al posto di guida ed io a quello del passeggero, agganciati ben saldamente con speciali cinture. Non avverto i soliti rumori di motori in movimento, solo un sibilo iniziale e leggero rollio sotto i piedi. Ci stiamo muovendo sicuramente, pur non avendone la percezione.
In pochi secondi vedo comparire una selva di alberi sotto di noi, un volo radente quasi a toccarne le cime.
L’uomo non sembra preoccuparsene, anzi lo vedo calmo e compiaciuto. Credo si senta rassicurato dall’apparenza di pacifica indifferenza mia ostentata.
Forse è il momento d’istaurare un dialogo conciliante, vi sono alcune domande che mi preme fare e allora guardandolo di sottecchi, misurando la sua mole, la postura rilassata, con noncuranza chiedo semplicemente, mantenendo ferma la voce, cosa ci fosse alla base di tutto questo, cosa stesse per succedere.
Una parte di me, presagendo nulla di positivo ne venga, spera che non mi voglia rispondere, ma l’uomo non mostra riluttanza alcuna nel farlo, contribuendo, con la risposta, a spaventarmi più di una qualsiasi minaccia.
“ Ci occupiamo di rimozioni totali”.
Con alcuni tocchi ai comandi cambia la visualizzazione agli schermi e all’istante sento il corpo dilatarsi in un campo di molecole vasto come l’universo mentre viaggiamo alla stessa velocità della luce, o forse siamo noi stessi Luce! Raggi di energia che corrono fra le stelle, attraversano buchi neri, la materia e l’antimateria, nell’immensità silenziosa che annulla la coscienza.
 
La vostra Annali, l’ “unica” e inimitabile, mentre incontra i segreti che racchiude lo spazio e ascolta il pulsare delle stelle, mormora una preghiera mai dimenticata: “Signore salvaci!”
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Mentre considero l’idea di mollare il carrello e tentare di svignarmela finché mister gorilla mi precede ignaro a passo cadenzato, mi sento abbrancare e strattonare, quasi sollevata di peso da terra. Una mano mi preme sulla bocca spegnendo in un mugolio il grido che sto per cacciare, sorpresa e pure, spaventata. Non capisco cosa stia succedendo.
Una figura femminile si sostituisce alla guida del carrello, continuando in vece mia al seguito dell’ignaro guardiano.  Rapidamente e silenziosamente sono trascinata all’interno di uno stanzino.
Pur disorientata dalla situazione inattesa, non intendo restare inattiva. Allungo una gomitata al plesso solare dell’incauto autore dello scherzetto, che, nonostante non ci sia andata leggera, sembra, dall’assenza sua di reazione, sia stata niente più d’un simpatico buffetto!
Una porta si apre alle spalle e l’attimo dopo siamo all’interno di un vasto locale, affollato da un esercito di operai che lavorano ai computer, disposti a semicerchio davanti ai quadri di controllo. Un’occhiata mi basta per capire che sono tutti robot di dimensioni e forme differenti le une dalle altre. Uno spettacolo degno di un film fantascientifico.
Alcuni si muovevano su ruote, altri su cingoli, c’era chi, addirittura aveva più braccia assomiglianti a tentacoli. Nessuno faceva caso a noi, continuavano il loro lavoro senza degnarci di attenzione.
 A questo punto, una voce mi sussurra all’orecchio l’intenzione di togliere la mano a patto stessi in silenzio ad ascoltare. Non ho molta scelta mi pare, e quindi faccio cenno di sì, con la testa. Finalmente libera posso girarmi a guardare in viso il mio “aggressore”. Nemmeno il tempo fare domande che il tipo m’invita a seguirlo, mentre nessuno dei robot sembra far caso a noi.
“ Non si preoccupi di loro, non sono programmati per interferire con gli umani, sono solo macchine, una forza lavoro automatizzata”.
“ E lei invece chi è, se mi è dato di saperlo?”
Lui sorride di sghembo senza rispondere, anzi, m’invita a restare in silenzio ora che siamo arrivati in fondo al locale. Usciamo e mi precede verso uno stretto passaggio dove, davanti a una porta massiccia, comparsa nelle sue mani una piccola sonda computerizzata, la inserisce tra i fili del sistema di sicurezza. Un breve tocco sul pulsante e la combinazione si rivela nella sonda, il sistema di allarme riconosce il codice e lo restituisce sullo schermo led. A questo punto non rimane che immettere la combinazione per disattivare l’allarme, aprire la serratura ed entrare. Dev’essere l’accesso a strutture d’importanza rilevante, protetto e impenetrabile per i non autorizzati. Atti di ribellione in corso? Sono venuta in contatto con due gruppi distinti. Niente di buono me ne verrà….  
Le sorprese non finiscono ancora, costato, di questa giornata non vedo la fine!
Attraversiamo una continua sequela di gallerie e finalmente comincio a pensare di essere arrivata, in qualunque posto mi si volesse portare.
Mera illusione, ci fermiamo in un vasto hangar disseminato di strani veicoli, assomiglianti a sigari allungati, dall’aspetto minaccioso. Ora davvero penso di essere in un altro mondo, altro che Terra al contrario! Mai visto niente di simile!
La brezza fredda che proviene dal cavernoso interno non contribuisce a tacitare il senso d’insicurezza che dilaga dentro di me a dispetto della calma ostentata.
Davvero, a questo punto decido di averne abbastanza e pretendo spiegazioni.
 “Non sia impaziente e freni la curiosità” mi fa distaccato, “ avrà modo di conoscere un segreto che a nessuno potrebbe essere rivelato, tutto a favore e beneficio per voi gente della Terra”.
“Che segreto?” domando.
Un sibilo gli esce dalle labbra prima di rispondere “ Il segreto del Creatore”.
“Creatore?”
Chissà perché, a questo punto ho l’impressione che tutto evolva in un incubo fatto e rifinito, che questo pianeta sia nient’altro che una trappola gigantesca.
Dopo l’arrivo sensazionale in un mondo all’estremo confine della galassia, tra colpi di scena, di trame ordite da personaggi inverosimili, sono catapultata nel mezzo di un complotto interspaziale?
E ora? Il pannello di fondo dell’hangar inizia a spostarsi  rumorosamente di lato e la sagoma minacciosa e nera di un oggetto  simile a un missile si mostra ai miei occhi. Il gesto che m’invita a salirci mi riempie di sgomento: Eh, no! Questo no….
Mi rifiuto!
 
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Il Boss, (per ora lo chiamo così) ha uno sguardo che definirlo magnetico sarebbe tutto dire. Sembra mi voglia trapassare da parte a parte. Un ché di indecifrabile che sento mi sta spiazzando.  Stringo i pugni fino a farmi male per resistere al cerchio ipnotico che di prepotenza s’insinua nella mente.  M’irrigidisco resistendo alla forza di quegli occhi con fissità da squalo e, a mia volta, rispondo con espressione di uguale intensità, da far impallidire un tricheco!
Il tipo però, non pare impressionato, anzi accenna una specie di sorriso, forse di consenso. Ho l’impressione di aver conquistato un punto a mio favore.
Dunque, mi devo adeguare alla parte di aliena, essere oggetto di studio, magari? La presa del maggiore sul braccio si è allentata e a questo punto sarei pronta a ripartirmene per donde sono arrivata, ma, ahimè, le loro intenzioni chiaramente sono ben altre.
Finalmente il silenzio che permane da qualche minuto è interrotto dal suono di un gong risuonante in lontananza.
Un gong? Mah! Sarà la campanella per il pranzo che per la verità a questo punto ci starebbe pure bene.
Bene o non bene, il boss, fatto sparire l’ambiguo sorriso, con gesto appena accennato licenza me e il mio indivisibile compagno. Tutto qui? Sono al punto di partenza, la mia curiosità per ora resta inappagata.
Stavolta niente ascensore, ci dirigiamo a uno scalone tutto fregi e marmi bianchi. Vorrei domandare dov’è che mi sta portando ma lui mi previene: “ Nella suite che ti è stata assegnata (suite? Ah però!) troverai tutto quanto servirà durante la tua permanenza. Tra poco ti sarà servita la cena”.
La mia permanenza….Sssì! Non t’illudere carino sia di lunga durata!
Sembra mi abbia letto nella mente perché aggiunge subito: “ Mettiti comoda e tranquilla, da qui non potresti andartene, fattene una ragione”.
“Comoda ci puoi giurare, ma tranquilla non te l’aspettare! Ogni prigioniero ha diritto di tentare la fuga!”
Lui ride divertito! “Prigioniera tu? Come ti viene in mente?”
“Già, chissà come mi viene in mente?” ribatto.
Mi blocca davanti a una porta che apre digitando un codice sul tastierino incassato a fianco. Aspetta sia entrata, batte i tacchi alla militare e senza più proferir parola se ne va rinchiudendo la porta.
Naturalmente all’interno non v’è maniglia né tastierino analogo a quella d’ingresso, e poi mi si dice: non sei prigioniera?? Almeno, se questa è una prigione, lo è dorata! Una magnificenza che nulla ha da invidiare alle sontuose residenze di eminenti e facoltosi personaggi.
Stanca e un pochino demoralizzata mi stendo sul letto, accolta dal frusciante copriletto di seta, intreccio le braccia dietro la testa iniziando a escogitare piani di evasione. Quasi mi sfugge il cigolio della porta, mi rialzo in fretta giusto per scorgere la sorridente ragazza che spinge il carrello con la cena, seguita da un tipo dallo sguardo bieco. Ha una testa massiccia che sembra spuntare direttamente dalle spalle, tanto il collo è corto e tozzo, la sua stazza lo identifica come giocatore “linebacher” della squadra cittadina. Ha l’aria di voler sottendere al mio pasto ma protesto vivamente e lo invito a uscire, mentre la ragazza sistema stoviglie e vassoi pieni di cibo. Sembra intenta al suo lavoro ma non mi sfugge l’occhiata che getta alla porta socchiusa, dove l’omone attende a braccia conserte.
All’improvviso ho la sensazione che la tipa abbia qualcosa in mente. E ce l’ha, caspita se ce l’ha! Con la scusa di mostrarmi una funzione particolare nel bagno mi pilota fin là e poi, in modo concitato si leva divisa e scarpe e m’invita a spogliarmi della tuta e degli stivali. Sorpresa e frastornata ubbidisco, anche se non comprendo la ragione. Mentre mi aiuta, mi spiega che è necessario io riesca a fuggire e avvertire la Terra del pericolo che incombe imminente.
La voce della guardia ci fa trasalire ma lei, prontamente, gli dice di restarsene fuori che la signorina si sta cambiando d’abito. Udiamo i suoi passi allontanarsi ed io, preoccupata, o per meglio dire, atterrita dal compito arduo e irto d’incognite che m’aspetta in un’azione del genere, le domando, mi domando, in quale modo potrei  portarla a termine da sola e per giunta guardata a vista.
Mi porge un foglio e mi dice: “ Qui trovi le istruzioni dove trovare le persone pronte ad aiutarti e a unirti a te per  lasciare il pianeta. Ora legami e imbavagliami e cerca di non farti notare mentre spingi fuori il carrello.” “Ma,” obbietto “ si accorgerà che non sei tu, non ho i capelli neri come i tuoi”. Lei toglie la parrucca che ha in testa e la sistema sulla mia, nascondendo con cura le mie ciocche castane.
“Ecco, ora fai quel che devi, dammi una botta che giustifichi la mia sopraffazione, legami e vai. Oddio, darle una botta?  Qualcosa che lasci un segno, ma non le faccia troppo male… ma cosa? Un pugno ecco, un gancio sinistro, mi dispiace, ma per qualche giorno avrà un occhio nero…. 
Esco dal bagno e recupero il carrello, a testa bassa oltrepasso la porta, cercando di sottecchi mister gorilla. Sembra distratto e annoiato, mi precede e mi fa strada: meno male! Io non saprei, tanto per cominciare, da quale parte dirigermi.
 
A questo punto, miei cari lettori, devo riordinare le idee e cercare di capire come, in che modo, proseguire a raccontare…..mica è facile sapete così sui due piedi!


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 TERRA ADDIO?


Attraversiamo un atrio affollato dal via vai di gente in camice blu. I tacchi degli stivali rimbombano nella mia mente come colpi sparati da un cannone! Ho perso un po’ del mio ottimismo, la frustrazione è subentrata alla curiosità. Davanti a noi una coppia cammina gesticolando, lei esibisce un didietro che si muove esagerato, come un popone appeso al pendolo. Il Banderas, cioè il maggiore Ykothuji, la segue con lo sguardo interessato. Non sapessi che non è possibile giurerei che la proprietaria di tanta carne trasbordante sia Dolores, la cassiera dell’ipermercato che sta all’angolo della mia via.
“Le piace?” chiedo indirizzandogli un sorrisetto malizioso.
“Non è il mio tipo” risponde gelido.
“Quale sarebbe il suo tipo?” Domando. Nonostante la situazione ingarbugliata in cui mi trovo, non rinuncio al mio essere curiosa. Mi preme saperne di quest’uomo che magari potrebbe fare la differenza nel mio futuro prossimo. Forse  anche tra il restare viva o no. Ho un brutto presentimento, e pensare che ancora non ho visto niente..
La sua riposta arriva secca: “ Mi piacciono le donne serie e intelligenti”. Si volge verso di me, con un bagliore negli occhi verdi. La domanda mi coglie impreparata:
“ E il suo tipo d’uomo, se mi è consentito chiederlo, qual è?”.
Oddio, che mossa avventata portare sul privato la conversazione…. Che gli rispondo ora? Siamo arrivati in fondo all’atrio, davanti ancora a un ascensore.  Attende la mia risposta prima di chiamarlo al piano.
Mi decido e butto lì: “ Apprezzo gli uomini che sanno tenere in pugno ogni situazione”. Forse la risposta è indovinata perché reclina leggermente la testa di lato con un moto di compiacimento.
Arriva l’ascensore. Mi prende la mano ed entriamo. Per tutta la salita la tiene con delicatezza e decisione. Mi limito a osservare i piani che scorrono, senza nulla dire. Decimo piano. Quando le porte si aprono resto abbagliata da tanto splendore inaspettato!  Una sala dal soffitto altissimo con spesse travi a vista, il pavimento ricoperto da soffici tappeti e quadri di rara bellezza alle pareti, illuminata da lampadari risplendenti, mi lascia ferma come una statua ad ammirarne l’effetto sorprendente.
Il Ban… cioè il maggiore, mi sospinge dolcemente al centro della stanza.
Seduto, anzi, assiso, dietro una grande scrivania di lucido legno color tabacco, un uomo dall’aspetto imponente mi fissa con dentro gli occhi appena un’ombra d’interesse. Il “pezzo grosso” penso, incerta sul da farsi. Lui tace, mi guarda e tace.
Avanzare, attendere l’invito, farmi uscire un fil di voce, salutare?  Niente di tutto questo, mi sale invece una domanda istintiva e sacrosantamente ovvia, da terrestre puntigliosa e determinata. Prendo l’iniziativa: “ A quale scopo sono stata dirottata su questo pianeta?” Così, alè, senza preamboli inutili. Dritta allo scopo.
Alla domanda segue solo un attimo di silenzio, mentre il maggiore al mio fianco mi stringe il braccio in una morsa. Un avvertimento alla prudenza. Dovrei apprezzare…
La voce del pezzo grosso mi arriva intrisa di stupore, e, ritengo, di un pizzico di fastidiosa disapprovazione: “ Mia cara” dice  (quel cara a me sembra tagliente) “lei non è affatto stata “dirottata” su questo pianeta. C’è arrivata da sola, rammenta?”
“Che dice? Da sola? La mia astronave è stata catturata durante il viaggio. Non rispondeva ai comandi per la vostra intromissione negli strumenti di controllo.”
A questo punto il pezzo grosso ride, di una risata senza gaiezza: “ Le coordinate le ha impartite lei ai comandi, le stesse che l’ hanno portata  a entrare nel nostro spazio astrale”.
Spazio astrale? Ma che dice questo qui? Mi divincolo dalla stretta del Banderas, o chiunque sia.
“ Non capisco….” Inizio a dire, ma lui m’interrompe deciso. Sicuramente vuole evitare mi inguai ulteriormente.
“Pensaci (ora è passato al tu?) le coordinate che t’hanno portata qui, le hai inserite tu. Noi abbiamo preso possesso dell’astronave per difesa da eventuale invasione aliena”.
Ma…Ma… O bella questa! Io sarei l’aliena!
Eeee! Un momento: le coordinate? Ma era stato solo un tentativo fatto a caso! Che ne sapevo io di coordinate tanto lontano da casa, senza più riferimenti….. che razza di caos ho combinato!  Ora ricordo!

“supponiamo ci si stia muovendo in campo di densità X,  con un gradiente normale stabilito per la crociera e voglia impostare una rotta ottimale per un punto d’incontro A, con un vettore Rho corrispondente, usando la selezione automatica per l’intero salto…..”

Quando si dice il calcolo delle probabilità!
Che sfortuna, che iella nera!
Ora sì che viene la parte più interessante. Dovrò indagare a fondo su questo strano pianeta che somiglia tanto alla Terra ma che la Terra non è.




Ultima modifica di annali il Gio 14 Gen 2016, 22:22 - modificato 1 volta.
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Uno strappo improvviso e la cintura schizza via. Forse siamo fermi, o non ci siamo mai mossi. Ormai nulla più mi stupisce, ma non posso che partecipare agli eventi, qualunque siano, belli o brutti… no, che dico, piano con i brutti! D’ora in poi metto le carte in tavola, con chi comanda qui, perché è giocoforza che qualcuno ci sia a comandare.
L’amico Banderas, sempre lui, e mi domando perché (suggerimento?), cavallerescamente mi porge la mano per aiutarmi a scendere dall’oggetto (è tanto strano che non saprei come altro chiamarlo), e io, mica la rifiuto. Sono all’aperto, per modo di dire, perché ci troviamo in luogo  chiuso da pareti di lastre d’acciaio, gremito di strani esseri muniti di corazze lucenti. Ohibò, vedi un po’…saranno i famosi Robonaut?
Mi alliscio il giubbetto, raddrizzo il cappellino, e seguo, lasciate alle spalle ogni perplessità, il mio accompagnatore che s’avvia agli ascensori disposti  lungo la parete. Non c’è pulsantiera, ma solo  touch screen, sensibili al tatto. Infatti, proprio così, il Banderas preme il pollice sul cerchio rosso e la cabina appare.
Mentre l’ascensore sale, (o scende?) mi prendo la libertà di studiare attentamente la mia guida, l’apparente Banderas. Chissà non riesca a carpire l’effettiva essenza di chi si nasconde dietro la sembianza del mio attore preferito. Ormai penso, anzi ne sono certa, che qui nessuno appaia ai miei occhi in vero reale aspetto. Infatti, come potrei riconoscere, in un recesso sperduto nello spazio chi so benissimo si trovi sul pianeta Terra in questo preciso istante? Ed io, sono veramente qui o sono dentro una bolla destinata a scomparire nel nulla? La bolla, sia ben chiaro, non io, che, pizzicotto dopo pizzicotto, continuo ad accertami della mia consistenza. Lo garantiscono i segni bluastri lasciati sulla pelle.
Faccio appello al potere che in fondo, so, di possedere, la capacità di analizzare, seppur non propriamente con elevato ascendente, la mente del tipo che, enigmatico quanto mai, non mi leva gli occhi di dosso, con una punta di fastidio da parte mia.
La diluita simpatia con cui ora lo osservo sgombra ogni illusoria apparenza della vera sembianza di chi mi sta di fronte. Per alcuni, brevi attimi, vedo l’immagine dell’uomo sdoppiarsi davanti ai miei occhi. Un’immagine rapida ma sconcertante.
Sono giunta a un punto assai critico, ma continuo a tenere gli occhi fermi e decisi dentro i suoi. Non posso assolutamente fargli capire d’aver colto la sua vera natura.
Ora men che mai, dovrò lasciarmi sopraffare dagli eventi.             
Mi calo nella parte di attrice consumata  pur senza adeguata regia e senza cambiare un tocco nell’espressione, anzi con un pizzico di civetteria lo gratifico d’uno smagliante sorriso.
Lui ricambia, anche se più contenuto, ma intanto è occasione d’arrischiare qualche domanda. Tanto per iniziare gli chiedo che cosa fossero gli strani aggeggi muniti di corazze lucenti notati poco prima.
“Quelli? Esemplari di nanotecnologia, prototipi ancora in via di miglioramenti”.
“Nanotecnologia? Sulla Terra se ne parla da qualche anno, ma non riscuote molta simpatia. Si profila la pretesa di avvicendarla all’uomo in svariate attività”.
“Avvicendarla all’uomo?” Ride, di una risata che mi provoca un brivido di sconcerto.  
“ Qui si fa di meglio: la nanotecnologia sostituirà l’uomo”. Molto orgoglio  da parte sua per l’attestazione, ma funesto sbigottimento da parte mia.
“In che senso?” chiedo guardinga, in agitazione.
“Siamo arrivati” taglia corto “ tra poco avrai le risposte che cerchi”.
Arrivati dove, mi domando. Fuori dall’ascensore un lungo corridoio si profila dinanzi a me.
Sorpassiamo una fila di porte, contrassegnate di sigle e numeri che mi sforzo di trattenere nella memoria. Chissà mai tornassero utili.
Entriamo in un’ampia anticamera, dove una tipa in camice blu, dietro il bancone sembrava giusto in attesa di noi. La osservo apertamente e lei sostiene il mio sguardo. Ci studiamo a vicenda, una curiosità tutta femminile.
“Ah! Benvenuto Maggiore Ykothujì! E Benvenuta anche a lei, Miss Annali” Miss Annali?” Oè! Le voci corrono fin qui!
Chissà da dove hanno appreso il mio nome. Ma sì, tutto sommato la mia astronave non passa certo inosservata al suo passaggio in rotte celesti, e io… nemmeno, mi sa!
“Appoggi la mano destra sullo scanner, prego” mi fa “ ci vorrà solo un attimo per completare le formalità”.
La mano sullo scanner? Indugio incerta. Ma sì certo, capisco, mi si registra in qualità di ospite: impronte digitali. Per l’accesso alle strutture a soggetti abilitati. Tipo gli ascensori, e non solo, immagino.  Ecco come tutto funziona quiLo scanner s’illumina e trasmette silenzioso alla periferica, dove lei controlla i dati.  La curiosità di conoscere quanto di me vien registrato,  è tanta. Che mai ne verrà fuori attraverso i terminali? Non si connetteranno alla banca dati terrestre, suppongo. O sì?
Allungo la mano verso uno dei depliant sparsi sul banco e con mossa volutamente maldestra, ne faccio cadere buona parte. Lei si china a raccoglierli esponendo in questo modo la visuale del pannello dove nell’alternarsi di righe, scorrono le informazioni che mi riguardano.
Incredibile pensare arrivino dalla Terra. Mi osservo il palmo della mano: un libro aperto?   
Lo stato d’all’erta cresce in modo esponenziale. Ora più che mai dovrò vigilare.
 
 
 
 
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Sì Vabbè, vorrei vedere voi al posto mio… Il tipo che mi accoglie ha lo sguardo vivo intelligente e vedi un po’, pure belloccio è! Mi ricorda tanto un attore famoso…. Eh sì, assomiglia a Banderas! Mi fa gioco“.
 Sei tu il capo, qui?” mi fa. Io allargo le braccia per mostrare il vuoto intorno a me. Alla fine ritroverò la parola.
“La mia gente ti da il benvenuto sul nostro pianeta”. Almeno lui parla e in italiano perfetto. Avrà il traduttore incorporato? Non gli vedo ammennicoli di sorta appuntati da nessuna parte. Indossa una semplice divisa, senza gradi mostrine o altro segno distintivo. E, fatto più importante, nessuna arma, meno male!
Inghiotto saliva (la poca che mi ritrovo) e finalmente mi esce la voce, che, nonostante tutto, è ferma e squillante (come si conviene in certi casi: se hai la tremarella….tienila per te!)
“ Vi sono grata per l’accoglienza. Posso conoscere il nome di questo pianeta ospitante?
“ Sei sul pianeta Arret.”
ARRET? …. TERRA?  Ma che strana cosa, sono confusa. Sono allarmata, e anche frastornata….. casa mia dove sei?
Lo guardo strano. Sento che non devo fidarmi del tipo, nonostante la somiglianza con il “bellone”, che, in fondo a guardarlo bene, mi appare più giovane di quanto lo ricordi.
Che sia un’anomalia di questo sconosciuto (nome a parte) di questo mondo alieno?
Alieno? Credo alla fin fine essere io l’aliena. Del resto mostrarmi recalcitrante a che servirebbe? Sono nel vivo di un dramma cosmico che, mi auguro, non sfoci in”dramma tragico”.
l mio indugiare non pare gradito all’ospite, “Cosa c’è che non va?” mi chiede. Dal tono comprendo la sua impazienza e devo dire la cosa m’innervosisce un po’, anzi, assai. Mi ricorda il tizio che sull’autobus spintonava per raggiungere un posto a sedere. C’avevo quasi litigato perché quel posto era riservato ai disabili e in piedi, c’era un’anziana signora che si reggeva al suo bastone.
Perciò mi giro verso di lui, per pregarlo di non mettermi le mani addosso. Mentre lo guardo in viso, nell’istante preciso, davanti agli occhi cala una nera cortina, il cuore rimbomba come urtasse contro un’incudine di ferro, un’ondata oceanica che si abbatte su di me. Mi sforzo di reagire, di ricordarmi chi sono, è solo un’irrazionale sensazione, non riesco a capire perché.
 
“Allora? Si sposta o no?”  A un  tratto la nebbia scura si dirada, prende il suo posto un serpeggiante  orrore! Sono sull’autobus nell’ora di punta!  Il tizio conquista il sedile con un sorriso di scherno mentre lo guardo stralunata.
Banderas, cioè chi credo sia  il suo sosia, mi rivolge un sorriso gentile: “Tutto bene?” mi fa. Ora è lui davanti a me. Lo distinguo chiaramente. Cosa è stato?  Uno sbalzo temporale, questo è sicuro. Spazio-tempo, un’equazione confermata: se uno è reale, l’altro è solo immaginario. (Lorenz) Bene, se riesco a connettere sono ancora in me….
 
E ora, a un tratto che succede? Avverto qualcosa di strano senza capire cosa sia, ma dura poco il mio disorientamento. Un bizzarro oggetto volante sta calando poco distante e come una calamita ci risucchia al suo interno. Il tempo di riavermi dallo stupore e mi trovo seduta, ma che dico seduta? incollata al sedile anatomico, stretta da robuste cinghia attorno alla vita. 
Sempre più enigmatico questo pianeta e mi domando quanto di strano avrò ancora vedere. 
Sapete una cosa? Non sono affatto curiosa di scoprirlo!


 





 





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Dal mio diario di eternauta... Empty DAL MIO DIARIO DI ETERNAUTA (PARTE 2°)

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Mi sorprendo per i colori che ora, nebbia diradata, vivi e brillanti accendono lo spazio davanti a me, illuminandolo di luce pura.La parte visibile della città si presenta in modo sorprendente simile alle città della Terra.
Eppure, dopo l’emozione provata  nel rendermi conto di scoprire gente affine a me, sono pervasa da un tal vago senso d’inquietudine,  da ravvivare  la nostalgia per il mio mondo lontano. Vedevo il Sole (!) affondare nell’orizzonte, quanta bellezza speciale in quel paesaggio!

Un ultimo scalino e con la punta del piede esploro la consistenza del suolo: duro compatto, sicuramente reale.

Sia quel che sia, affronto quel che verrà. Con me il mio fedele K-bar (regalo di un amico dei Delta Rangers), nello zainetto una razione di cibo e una di acqua. Ed è tutto, oltre me stessa, che porto dalla mia vecchia cara Terra!

Sono avvicinata da una moltitudine di gente che vorrebbe toccarmi parlarmi ascoltarmi. Le loro fattezze cambiano rapidamente: in loro scorgo visi conosciuti che repentinamente si trasformano. Persone che sembrano provenire dai miei ricordi, dal mio passato, emozioni che ritornano alla memoria, un caleidoscopio di immagini.

E odo la voce di mia madre che si raccomanda di non dare confidenza agli estranei.

Ancora una volta mi domando cosa succede, cosa mi sta succedendo… le risposte le troverò, prima o poi?

Gli avvenimenti incombono, mi sento smarrita: Aiut!

I cosmologi si erano alternati fra teorie insostenibili, su inoppugnabili prove seconde le quali non poteva esistere, e che mai avrebbe potuto formarsi, un pianeta con caratteristiche  simile al nostro, e invece, cari emeriti scienziati, eccolo qui: un pianeta verde, lussureggiante, uguale alla Terra oltre i limiti del possibile. 

E ospita la vita, intelligente. Civile. (spero di azzeccarci con quest’ultima)

Mi sentivo, ora, a dispetto dello sbandamento iniziale, abbastanza euforica, forse ancora in preda all’attacco adrenalinico rilasciato dalle ghiandole surrenali nel susseguirsi degli ultimi avvenimenti, rimane che ho tanta curiosità, non scevra però, dal terrore di quanto andrò a scoprire.

In questo mondo sconosciuto ai miei occhi e pur tuttavia disseminato di volti che rimbalzano nella memoria, fantasmi vacui affioranti a ripopolare ricordi che non tutti riconosco quali miei, provenienti da tempi vicini e lontani, inspiegabilmente intrecciati  a questo mio strano incredibile  destino di naufraga viaggiante fra le stelle.

La mia personale “Odissea nello spazio”. Vorrei evitare contatti ravvicinati, le mani protese che cercano di attirarmi. Non capisco questo eccesso di entusiasmo, di manifesta curiosità.

Sì, vabbè, sono discesa da un’astronave, ma mi ritengo abbastanza normale, non ho due teste né mani con più di dieci dita: e allora? Come la mettiamo? Non dovrei essere io la più sorpresa di trovarmi tra miei simili, lontana milioni di anni luce da casa? (casa mia dove sei?)

Ma saranno miei “simili” poi? Dove sta il trucco?

Domanda serpeggiante dilagante dirompente: qual era il titolo di quel film dove alla fine gli amici giunti da Sirio, erano… cosa? Oh no, no no ……e ora come spero di cavarmela dopo simile dubbio?


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Ora le stelle sono ricomparse in tutto il loro splendore. 
Sento che lo scafo sta decelerando a velocità interplanetaria, anche se non avverto sensazione anomala. 
L’astronave entra in orbita attorno a un pianeta lontano, credo, circa un 180-190 chilometri dal suo sole. 
Con cautela tento di agire sui comandi, che, carini, si sono rifiutati di rispondere per tutto il viaggio e, miracolo! sono di sicuro in un'orbita di parcheggio stabile. E qui, come si suole dire: casca l'asino! Non sarei in grado di fare manovre su di un pianeta di cui non conosco prerogative... ma un momento! Non ho bisogno di rifinire alcuna descrizione matematica, sembra proprio io sia teleguidata! Qualcuno o qualcosa mi ha portata fin quaggiù... quassù.... laggiù.... e basta, ovvia! non è certo il momento di filosofeggiare. 

Ohi! Mamma! Una faccia appare sullo schermo di comunicazione: chi sarà, che vorrà, che dirà, ma sopratutto in quale lingua parlerà? Al massimo conosco un po' di vulcaniano, grazie a Star Trek e a Spok.... 
Cra cra e ancora cra cra.... Oddio è l'audio mal funzionante o sarà un linguaggio alieno? 
L'emozione è troppo forte per commentare, mi ritiro in me stessa per meditare. 

Mi sento come fossi la protagonista del primo sbarco sulla Luna, solo che questa qui, non assomiglia per niente al nostro caro satellite, di cui ormai conosciamo ogni sua piccola asperità. Almeno avessi avuto un contatto con l’amata mia Terra avrei potuto imitare Lovell: “ Houston, abbiamo (ho) un problema….” Li avrei fatti impazzire quelli della NASA!!
Il “rendez-vous” con il suolo non richiede molto tempo. Non mi rimane che sperare di trovare un bel clima al quale adattarmi. Sì, altro che al clima avrei da pensare!
Mi accoglie uno strano banco di nebbia scurissima, mentre con una serie di gemiti raggelanti i motori si spengono, i pannelli con le relative informazioni del tracciatore inerziale si oscurano, lo sportello si apre con fragore.  
Gravità o assenza di gravità? Un piccolo saltello o balzo per l’Umanità?
Piano, meglio munirsi di pesi, non si sa mai con il piccolo saltello attraversi il pianeta in sorvolo….
Percepisco una mistura salata sulle labbra: sale. Una lacrima che, a tradimento mi scivola sul viso…


Ultima modifica di annali il Gio 14 Gen 2016, 21:59 - modificato 1 volta.
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Mi rifugio quassù, nel silenzio incontaminato, al riparo dalla miseria della vita di mercato. 
C'è un'aria di mistero che affascina. Ogni cosa è velata di sottile polvere grigia. Si è posata nel breve tempo d'un battere d'ali, le ali dell'aquila che brama lo spazio aperto. 
Qui mi sento intoccabile,e invincibile. Un mondo tutto mio. 
Metto in azione gli strumenti di bordo: gli orologi ticchettano e ronzano, tutto si mette in funzione. 
L'astronave si muove, ora non è più in relazione con il resto dell'Universo. 
ma quale Universo? Non esiste, sparito! 
Le stelle, lo sfondo con il quale era stata misurata qualsiasi attività periodica nella storia dell'uomo, sono sparite... 
La nave si sta muovendo davvero? Può esserci movimento quando non c'è nulla da oltrepassare? 
Eppure la sensazione di gravità prodotta dalla rotazione dello scafo persiste.
Rotazione in rapporto a cosa? Può darsi che lo spazio esista come forma concreta, assoluta, svicolata dalle necessità di relazione come il concetto di etere? 
La fisica da sempre nega la possibilità di una velocità più veloce della luce. Ma può essere che l'abbia superata davvero? Non lo so dire, l'unica cosa che so è che mi porta sempre più lontano, o più vicino... a cosa... da cosa? 
Forse vago nel nulla, ma ben venga questo nulla: mi fa star bene, e mi basta la sensazione che percorre tutto il mio essere. Io “sono” e dunque? Sono e sarò! 
A chissà quando e chissà dove....Good rest....

Wow! Ho viaggiato molto velocemente, chissà sulla Terra che anno sarà? Il mio orologio ha rallentato, o cosa? Penso alla contrazione di Lorenz -FiztGerald, ma non c'è alcun modo di misurare il tempo in assoluto, posso solo misurare l'intervallo... 
e allora intervallo sia! Nella cambusa il buon Porto mi risolleverà il morale. Peccato vada sprecato...
Ma quanto ce n'è di Porto! Posso resistere finchè non arrivo da qualche parte, e poi è buono! Il capitano ne aveva fatto una scorta niente male. 

Ora però meglio mi metta a far due conti, in fondo che ci vuole? L'elegante struttura della relatività mica è un assurdo.....Sarei in grado di fornire la descrizione matematica di qualsiasi gruppo di relazioni, la difficoltà sta nel fatto che da descrivere non vedo nulla, non c'è nulla....Aiuto, ma dove sono finita????
" In verità se anche egli ha vissuto duemila anni non ha ottenuto il bene supremo : poiché non corrono tutte le cose verso lo stesso luogo?" 
Una frase dell'Ecclesiaste. Chissà perché m'è venuta alla mente proprio ora? 
"Poiché colui che è unito agli altri viventi ha speranza!" 
E grazie tante! Come vorrei avere altri viventi qui con me!"Scaccia dal tuo cuore l'ira, tieni lontano il male dalla tua carne,perché infanzia e gioventù son cose vane;" 
Beh, questa mi piace un po' meno, anche se per tornar giovane mi dovrebbero pagare lo straordinario! 

Umff. 
Visto che l'astronave procede da sola, vado in cabina e schiaccio un sonnellino.
Notte stelline, fate le brave e non causate esplosioni, procurereste l'apertura di un buco nero, e io da buchi neri, ne sono entrata e uscita una volta di più.

Terra! Che senso di nostalgia, di dubbio e smarrimento! 
Nella prima parte del viaggio mi aveva accompagnata lo stesso incentivo dei primi pionieri attraverso le praterie sconfinate. Ora mi sorprendo a pensare se il mio lago sia ancora là, con i cigni e i gabbiani a sorvolarlo. 
Se sulla terra mia, il tempo scorra uguale, se la gente sia la stessa che avevo lasciato... 
Ed ora? mi trovo qui, senza conoscere nulla di quanto troverò, addirittura se sia possibile,Io,scendendo sul pianeta che vedo sotto di me, possa mantenermi integra quale sono nella "mia" realtà.... 
Vorrei poter tornare sulla Terra, ma il sogno matematico con cui arrischio congetture per calcolare una rotta per il percorso di ritorno, crolla come un castello di carte.... 
Non mi resta che soggiacere al disegno, tracciato non so da chi, né  perché  né da dove, che mi ha portato quaggiù... quassù.... insomma qui, nella Terra del contrario! 
Chi troverò? E come mi apparirà? 
Come il solito: "io speriamo che me la cavo...." 
Arrivederci? Chissà.....

 
Continua......


Ultima modifica di annali il Gio 14 Gen 2016, 21:53 - modificato 1 volta.
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