Accadde a luglio
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Accadde a luglio
SEVESO: LA DIOSSINA
Era domenica, una domenica del luglio 1976, l’11 per l’esattezza.
Una valvola di sicurezza di un reattore della Icmesa di Seveso, in Brianza, esplode formando una nube gassosa di miscele inquinanti, fra le quali la diossina. Quest’ultima è un gas altamente tossico sia per l’uomo sia per l’ambiente e viene trasportata dal vento verso i paesi vicini.
La proprietà della ditta tende a minimizzare l’accaduto, inviando i suoi tecnici a riferire alle autorità locali che la situazione è sotto controllo e che problemi per le popolazioni non ve ne sono. Trascorrono una decina di giornate e come riscontro alla non pericolosità, invece, cominciano i ricoveri in ospedali di parecchi abitanti con i sintomi dell’intossicazione, macchie rosse sul viso, eruzioni cutanee e pustole in varie parti del corpo. Si scopre che anche la natura subisce variazione: animali che muoiono, erba che si accartoccia, foglie di alberi ripiegate su se stesse. I tecnici dell’industria riconoscono che la situazione è più grave del previsto ed è solo a questo punto che scattano le ordinanze che vietano di mangiare ortaggi raccolti sul luogo. Misura molto ridotta e inefficiente, da costringere giorni dopo l’evacuazione della zona più colpita e l’intervento militare per recintare l’intero perimetro ed eseguire radicali bonifiche. Viene demolita l’Icmesa e demolite sono parecchie case, con i costi a carico della Givaudan, il gruppo farmaceutico svizzero proprietario della ditta.
I procedimenti penali sono chiusi con due accordi: uno con la regione Lombardia e un altro con lo Stato italiano.
Anche gli abitanti di Seveso e limitrofi saranno risarciti in denaro corrente, che, certo, non li ripagherà nemmeno di un’infinitesima parte dell’orrore che caratterizzerà la loro vita futura.
Era domenica, una domenica del luglio 1976, l’11 per l’esattezza.
Una valvola di sicurezza di un reattore della Icmesa di Seveso, in Brianza, esplode formando una nube gassosa di miscele inquinanti, fra le quali la diossina. Quest’ultima è un gas altamente tossico sia per l’uomo sia per l’ambiente e viene trasportata dal vento verso i paesi vicini.
La proprietà della ditta tende a minimizzare l’accaduto, inviando i suoi tecnici a riferire alle autorità locali che la situazione è sotto controllo e che problemi per le popolazioni non ve ne sono. Trascorrono una decina di giornate e come riscontro alla non pericolosità, invece, cominciano i ricoveri in ospedali di parecchi abitanti con i sintomi dell’intossicazione, macchie rosse sul viso, eruzioni cutanee e pustole in varie parti del corpo. Si scopre che anche la natura subisce variazione: animali che muoiono, erba che si accartoccia, foglie di alberi ripiegate su se stesse. I tecnici dell’industria riconoscono che la situazione è più grave del previsto ed è solo a questo punto che scattano le ordinanze che vietano di mangiare ortaggi raccolti sul luogo. Misura molto ridotta e inefficiente, da costringere giorni dopo l’evacuazione della zona più colpita e l’intervento militare per recintare l’intero perimetro ed eseguire radicali bonifiche. Viene demolita l’Icmesa e demolite sono parecchie case, con i costi a carico della Givaudan, il gruppo farmaceutico svizzero proprietario della ditta.
I procedimenti penali sono chiusi con due accordi: uno con la regione Lombardia e un altro con lo Stato italiano.
Anche gli abitanti di Seveso e limitrofi saranno risarciti in denaro corrente, che, certo, non li ripagherà nemmeno di un’infinitesima parte dell’orrore che caratterizzerà la loro vita futura.
annali- Senior
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