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Il gioco degli scacchi

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 Intorno al IX secolo si diffuse in Europa la passione per gli scacchi, conquistando rapidamente tutti gli strati sociali, dai re alla gente più comune, dalle donne ai soldati. 

L’invenzione sembra da attribuire all’India in epoca antica, così come si attribuiscono alla stessa l’aritmetica con l’uso dello zero, l’abaco, le cifre chiamate impropriamente arabe, la chirurgia plastica. Anticamente questo gioco, progenitore degli scacchi, si chiamava Chaturanga. Alcuni sui pezzi sono stati ritrovati nell’Uzbekistan meridionale. La presenza di una moneta del 761 d.C., ha permesso la loro datazione a quell’epoca, ma la raffinatezza della lavorazione rende inclini a pensare che il gioco fosse conosciuto da molto più tempo cioè dal I o II secolo, e che fosse diffuso tra i Persiani e gli Arabi, popoli che vantarono famosi campioni i cui trattati sono in parte giunti fino a noi.

Alcuni esperti sostennero che in Italia il gioco fosse giunto per mezzo dei legionari romani, di ritorno dalle campagne in Oriente nel secolo II – III d.C., smentiti poi da evidenze scientifiche. Nei primi secoli dell’era cristiana, va detto che i soldati romani si dedicavano con un gioco da tavolo che presentava vaghe somiglianze con quello degli scacchi, ma più simile a un war game dei giorni nostri. Prevedeva l’impiego di dadi per muovere i pezzi, alcuni dei quali, intarsiati in osso sono stati rinvenuti nel 1932 in una necropoli romana in Molise, presso Isernia. Tali pezzi sono conservati al Museo Archeologico di Napoli.

Un altro importante ritrovamento avvenne nel 2002, in un palazzo tardo bizantino risalente al 465 d.C., nell’antica località di Butrini, (oggi in Albania) il che confermerebbe l’ingresso degli scacchi nell’Europa in epoca antica.   

Nel rinascimento gli scacchi si diffusero in tutti gli strati sociali. Lo confermano trattati molto dettagliati, come il “Tractatus partito rum Schachorum tabularum et Merelorum Scriptus”, scoperto nel 1950 nella Biblioteca Estense di Modena: 347 fogli finemente miniati.

In alcuni trattati medievali gli scacchi erano un modo per diffondere insegnamenti morali, come l’opera del frate domenicano Jacopo da Cessole, vissuto tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo. L’opera riabilitava il gioco dopo la messa al bando da parte di papa Alessandro II (1061-1073), che lo considerava un gioco d’azzardo.  


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