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Il dilettevole gioco dell'oca...

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È un gioco tanto semplice, basato sulla casualità e la fortuna, che non richiede strategia, riflessione o calcoli astrusi, ed è arrivato sino a noi attraversando vari secoli di storia.

Per tradizione, il gioco sembra sia stato concepito insieme con altri, essi pure divenuti famosi, durante il lungo assedio sotto le mura della città di *****  dal condottiero greco Palmeide, il cui nome pare sia fatto risalire al significato di  “uomo dalla mano palmata”.

Nacque, probabilmente a quell’epoca, come gioco iniziatico del personale percorso attraverso la vita. L’incertezza del futuro destino era impersonato dalla casualità del responso numerico ottenuto dal lancio di due dadi, una guida nel cammino della  buona o cattiva sorte, che via via si snoda nella spirale rappresentata dal tabellone.

Arrivato verso la metà del ‘500 alla corte del granduca di Toscana, Francesco I De Medici, fu poi donato dallo stesso al re di Spagna Filippo II.

Divenne famoso con il nome “ Nobile Gioco dell’Oca rinnovato dei Greci”, con riferimento al suo inventore.

In poco tempo il gioco venne conosciuto in tutta Europa, prima a Londra nel 1527, poi di nuovo tornato in Italia nel 1600, dove acquistò  accoglienza e fama soprattutto a Venezia.

Il primo tabellone di gioco pervenuto, con il nome “ Dilettevole gioco di Loca”, subì molte varianti nei soggetti delle caselle, con figure  riproducenti  città, animali, strumenti musicali e una variegata serie di riferimenti astrologici e alchemici.

Anche i trabocchetti e le fermate fanno parte del gioco, ma non mancano i bonus, rappresentati dall’Oca che appare ogni nove caselle, numero magico ricorrente, consentendo di replicare il conteggio ottenuto dal lancio dei dadi.

Si vince arrivando per primi all’ultima casella, la numero 63, conquistando il privilegio di entrare nel giardino dell’Oca.

L’insieme dei simboli e l’alternarsi delle tredici Oche nella costante del numero nove celano, nelle interpretazioni di ogni casella, il segreto di un’antica sacra spirale.

L’Oca, a suo perfetto agio nell’acqua sulla terra e nel cielo, messaggera dunque fra i tre regni, era tenuta in grande considerazione presso molti popoli.

In Cina in Giappone e in India, era onorata perché divenuta la cavalcatura di Brahma, ed era ritenuta animale sacro da Sumeri, Etruschi, Finni e Germani.

Per i Romani era simbolo di vigilanza e di custodia, come racconta l’episodio del Campidoglio. Per gli antichi Egiziani l’Oca era presente nei miti della creazione, dove il dio della terra Geb, marito di Nut, dea del cielo, secondo la tradizione fu trasformato in Oca e covò un uovo da cui nacque il Sole.

Nella Grecia antica, la grande Oca che trasportava in volo Afrodite divenne il simbolo dell’amore ideale. Presso i Celti era messaggera dell’altro mondo, custode intoccabile dei loro santuari.

L’Oca, instancabile camminatrice, fu anche un simbolo per i viandanti e i pellegrini in Terra Santa, come raccontano le cronache che la vedono al fianco dei fedeli verso Gerusalemme, sul cammino di San Giacomo. Molte costruzioni che ne segnano il percorso, infatti, sulle pietre recano impresse un marchio di riconoscimento: il Pédaque, ovvero la zampa dell’Oca.

Il gioco dell’Oca è stato ispiratore di alcuni romanzieri, di Giulio Verne ad esempio, nel suo romanzo: “ Il testamento di un eccentrico”. Durante il racconto vi sono frequenti interazioni tra la vita reale e il gioco, dal quale nessuno può recedere fino alla fine.

Al Gioco dell’Oca è stato dedicato anche un museo. Si trova a Rambouillet, nelle vicinanze di Parigi, dove sono custodite intere raccolte dei tanti tabelloni che si sono alternati nei secoli.



Ultima modifica di annali il Dom 28 Feb 2021, 21:21 - modificato 1 volta. (Motivazione : dimensionato caratteri titolo)
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