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Il Piave mormorò……Giugno 1918

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Un'altra storia questa, che sembra accaduta in un'altra vita!
Sempre il mese di giugno, ma non un D.Day, bensì una vittoria conseguita sul grande fiume: il Piave.
Il brano che espongo è il grido di dolore per la sconfitta riportata su quelle sponde, da un soldato "nemico", riscoperto in un vecchio libro mio di storia.
 
 
L’Austria - Ungheria ha combattuto la sua ultima battaglia.
Un ufficiale austriaco parla della fine e del fallimento dell’ultima grande offensiva austriaca: quella del giugno 1918 sul Piave.

 
“ Trascorrono altri tre giorni e tre notti prima che il comando Supremo si decida a sospendere la battaglia e a dar orine alle truppe di ripassare il Piave.
La libertà di manovra era cessata da un pezzo. Abbiamo resistito perché bisognava resistere.
Violentissimi attacchi venivano respinti con la forza della disperazione. Non erano certo gli ordini che ci costringeva a rimanere sulla riva destra, bensì la forza di un fenomeno naturale, che alla fine ci costerà decine di migliaia di vittime superflue: lungo il corso del Piave pioveva ininterrottamente, sicché il fiume in piena, non più traversato da ponti o passerelle, si ergeva come un ostacolo insormontabile. L’ultimo atto della tragedia è stato terribile.
All’alba, dopo che abbiamo respinto un violento attacco degli italiani, ci arriva la notizia che a nord del nostro settore la linea è rotta e che le truppe fuggono.
La catastrofe avviene: i resti della fanteria sgombrano le trincee e corrono verso il fiume. Un fuoco violentissimo li insegue e l’acqua gialla del Piave ribolle sotto le esplosioni ininterrotte.
Delle granate. Nuotatori e non nuotatori si gettano in acqua, cercando di raggiungere in qualche modo l’altra sponda.
Senza più strumenti, né armi, seminudi, io e due compagni riusciamo a raggiungere l’altra riva. Siamo pieni di una gioia smisurata per aver salvato la vita da quell’inferno. Quando facciamo ritorno alla batteria ne troviamo soltanto i pezzi.
Dietro una sottile barriera di difesa, le truppe dell’offensiva vengono ritirate e sparpagliate per il meritato riposo.
Tutto questo avviene meccanicamente, con lo spirito metodico della disciplina che ancora domina i resti dell’esercito. Ma nella testa dei centomila uomini che sono sfuggiti al bagno di sangue, passano neri pensieri che non spariranno più.
Intuiamo tutti che l’Austria – Ungheria ha combattuto la sua ultima battaglia. I cinque giorni di lotta ci sono costati 200.000 uomini tra morti e feriti e una quantità gigantesca di materiale bellico. Davanti a noi sta ora, un avversario al quale questa vittoria restituisce la fiducia in se stesso; alle nostre spalle, una patria dissanguata, povera e ormai presaga del suo destino.
A una potente forza armata, che per quattro lunghi anni aveva combattuto valorosamente, è stata spezzata, con questa battaglia, la spina dorsale”.
 
 
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